“Italy, not Greece, at heart of euro question”(“L'Italia, non la Grecia, sta al cuore della crisi dell'euro”): lo ha scritto il prestigioso foglio newyorkese “Wall Street Journal”, nei giorni che hanno preceduto la Pasqua.
Con una visione rovesciata ha sentenziato l'altrettanto prestigioso “Financial Times” che ha dissertato su nuovi orientamenti del governo italiano favorevoli ad una apertura agli investimenti esteri, come l'esempio della vendita della Pirelli alla Chem-China ha recentemente messo in luce.
Le contrastanti diagnosi dei due illustri quotidiani sullo stato economico del nostro paese, non si escludono vicendevolmente, potendo esse tranquillamente coesistere in un quadro di simultanea doppia verità: basta che si osservino le cose nostre da due diversi punti di vista, escluso quello italiano, patriotticamente inteso.
Proprio in queste ore si sta brindando al successo della nostra “Lottomatica” che, dopo la sua fusione con la multinazionale IGT (“International Game Technology”), ha esordito alla borsa di New York con un rialzo dell'8%.
Ma è tutta la borsa italiana che registra un rialzo trimestrale netto del 23%, superata, in sede mondiale, solo dalle borse di Tokio (29%) e Francoforte (24%).
Non possiamo che rifarci alla debolezza strutturale del nostro sistema industriale e desumere la capacità di attrazione che punti specifici del mondo italiano delle imprese, possono rappresentare tuttora punti isolati di attrazione, in quanto dotati di interessanti indici di convenienza per il capitale straniero in cerca di investimento.
La politica monetaria europea ha cooperato e tuttora coopera, in un quadro internazionale, a rendere attraente lo shopping capitalistico in un paese che, con l'avvento dell'euro, ha ceduto insensatamente parte notevolissima del suo potere d'acquisto interno ma conservando punti di produttività interessanti ed a buon mercato.
Il colossale arbitrio monetario della conversione della lira in euro del 1998 prosegue manifestamente a distillare i suoi venefici frutti.
Ma quanto dureranno i gioielli di famiglia e soprattutto quanti, a parte i suoi individuali privati beneficiari (che comunque rinunciano ad essere protagonisti attivi nel sistema globale), ne trarranno beneficio nel nostro paese?
Nessun commento:
Posta un commento