giovedì 2 aprile 2015

Quadro farraginoso di comunicazioni ministeriali: i livelli occupativi, l'Expo ed i dati di bilancio

E' sgradevole analizzare criticamente le comunicazioni ministeriali (o degli stessi ministri competenti) ed essere costretti a sottolinearne, contemporaneamente, l'erroneità dei dati quantitativi ed il carattere pubblicitario dei medesimi.

La coniugazione dei due suddetti fattori induce infatti al più acuto pessimismo sulle capacità di questa classe di governo che, a dispetto della relativa novità dei nomi che ne fanno parte, non si stacca ma addirittura accentua una tradizione di incompetenza e di vanitosa sufficienza nei confronti dell'opinione pubblica.

In questi giorni che precedono la ricorrenza pasquale, sia il ministro del lavoro come dell'economia, hanno diffuso comunicazioni che, proprio per il sotteso intento consolatorio, possono facilmente essere contraddette sul piano della consistenza effettiva e del metodo della loro elaborazione.

Contraddizione, nella fattispecie dei livelli occupazionali (propalati a voce, via televisiva, dal Ministro del lavoro Poletti) che, colta immediatamente dai più accorti organi di stampa e, solo ventiquattro ore dopo, dai dati ufficiali dell'Istituto centrale di statistica, è emersa in tutta l'insufficiente credibilità delle comunicazioni stesse.

Analoga e più preoccupante superficialità è possibile rintracciare nell'aggiornamento sui lavori in corso per l'approntamento dell'Expo di Milano alla data della sua inaugurazione il prossimo 1° maggio: nel cui quadro le ottimistiche dichiarazioni di pochi giorni or sono dello stesso Presidente del Consiglio sembrano al contrario slittare in assai meno rosee ma più realistiche previsioni.

Non escono da questo schema di provvisorietà le freschissime dichiarazioni del ministro dell'economia Padoan che, con avarizia assoluta di cifre di sostegno, argomenta ottimisticamente ma confusamente sulla politica di bilancio per il prossimo triennio: così, tanto per armonia con l'atteggiamento ufficiale del premier (“le magnifiche sorti e progressive del governo Renzi”).

Padoan tenti di spiegare come sia possibile che, dopo anni di sacrifici e ininterrotto aumento di gettito tributario, la filiera di Presidenti del Consiglio: Monti, Letta e Renzi, mai scelti dall'elettorato italiano, il debito pubblico italiano sia costantemente cresciuto.

Non stiamo per ribadire che all'origine di questo paradosso sta il peccato originale di una conversione della lira iniqua per la nostra antica moneta.

Vorremmo solo stabilire un'altra verità o meglio un irrisolvibile dilemma, che si identifica nell'unico possibile quesito alternativo.

A chi sarebbero fondamentalmente imputabili le responsabilità di un debito nazionale che non ha mai cessato di crescere dal 1998 in poi?

Nessun commento:

Posta un commento