giovedì 30 aprile 2015

Quei derivati di incerta derivazione...

La trasmissione televisiva della dottoressa Gabanelli ha colpito ancora. Nonostante la sua complessità, il tema dei titoli derivati ha suscitato attenzione in un pubblico certamente più vasto di coloro che hanno familiarità con gli affari di borsa.

A ciò contribuisce ampiamente la constatazione, diffusa solo di recente, che a queste particolari negoziazioni hanno fatto frequente ricorso sia il Tesoro sia altri enti pubblici periferici.

I titoli prendono il nome dal loro carattere ausiliario, identificabile precisamente nella loro funzione di appoggio a posizioni patrimoniali, la cui titolarità appartiene ad enti o privati.

Trattasi principalmente, sebbene non esclusivamente, di titoli concepiti per essere proposti in vendita a soggetti (ripetiamo: pubblici o privati) che hanno contratto, o stanno per contrarre, debiti a tassi di interesse molto elevato o variabile ed ammortizzabili in prolungato lasso di tempo.

Concretamente il proponente -istituto finanziario o suo intermediario- si accolla (intasca), dietro pagamento di un premio, il differenziale di interesse dovuto all'aumento (diminuzione) dei tassi di interesse.          

Tale schema fondamentale, diffuso mondialmente in misura incalcolabile, si è progressivamente ramificato in una variegatissima tipologia, sia per la mutevolezza del titolo sia per le condizioni specifiche dei contraenti.

Come la trasmissione citata all'inizio ha sottolineato, i derivati sono tipi di contratto para assicurativo ma caratterizzati da una dose notevole di imprevedibilità, con la precisazione che gli enti proponenti, rispetto ai sottoscrittori del contratto, hanno tuttavia aprioristicamente un triplice vantaggio.

Il primo vantaggio è rappresentato dal premio, o commissione, intascata generalmente alla sottoscrizione.

Il secondo è l'appartenenza del proponente al mondo della finanza dal quale il mercato finanziario, le oscillazioni delle monete e dei tassi di interesse, è largamente influenzato.

Il terzo è offerto dalla possibilità di rivendere questi titoli e quindi di trasferirne parte degli oneri sui compratori.

Si dirà: perché Tesoro ed Enti locali hanno avuto interesse (il fenomeno sembra essere cessato) a ricorrere a queste forme di assicurazione dei loro debiti?

Perché, in circostanze di acuta crisi di liquidità, è stato forse l'unico modo di ottenere credito aggiuntivo solo sottoscrivendo tali condizioni.

La indisponibilità della dottoressa Maria Cannata (direttore del dipartimento del Debito Pubblico del Ministero del Tesoro), a rendere note le caratteristiche dei singoli contratti sui derivati, da lei stessa sottoscritti (che hanno comportato perdite, per il Tesoro, di svariati miliardi), non è purtroppo un aiuto a capirne di più.

Ma è stato giocoforza farne cenno, per sottolineare che anche queste criticità sono figlie adottive del patto di conversione della nostra moneta con l'euro.
       

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