Il debito pubblico italiano ha toccato un nuovo record, raggiungendo la cifra di 2.169 miliardi di euro. Dividendolo per 60 milioni, ammontare globale della popolazione, ogni cittadino italiano, di ogni età, ha un debito medio di carico fiscale di oltre 36 mila euro.
La notizia non ha trovato tuttavia enfasi particolare sulla stampa nazionale che ne è stata tramite come di una normale e quasi scontata notizia.
Riforme pensionistiche, crescente pressione fiscale e restrizioni della spesa sociale non hanno comportato alcuna diminuzione, nemmeno tendenziale, del debito pubblico.
Forse nell'immaginario collettivo, o quanto meno nell'interpretazione che ne ha il mondo mediatico, prevale il rassegnato pensiero che l'ammontare elevatissimo del debito pubblico sia scudo esso stesso all'ipotesi di decretarne lo stato di default.
Il parlarne, quindi, appare superfluo ed il tacerne esorcizza ogni angoscia nell'opinione di cui è preferibile il massimo di spensieratezza possibile.
Analizzare i veri motivi del debito pubblico implica infatti una individuazione di cause strutturali e di responsabilità politiche imbarazzanti.
Ma è assai illusorio che senza una veritiera diagnosi, ammesso che il nostro paese eviti procedure meno severe di quelle adottate per la Grecia, si possano eludere altri prezzi e soprattutto perdite crescenti di sovranità nazionale.
Finora, dall'esperienza della moneta unica, emerge, dalla nostra visuale, una sola certezza: se l'euro era una strada inevitabile nel processo unitario europeo, errori fondamentali furono commessi nel modo di realizzarla.
Nessun commento:
Posta un commento