venerdì 26 giugno 2015

Documenti del trattato dell'euro zona e quesiti rivolti agli addetti ai lavori dell'epoca

Come prosecuzione dell'attenta lettura del libro intervista di Marco Damilano a Romano Prodi ("Missione Incompiuta"), con riguardo specifico alle pagine ispiratrici del ns.post dello scorso 22 giugno, abbiamo potuto rintracciare due (per noi) nuovi documenti sulla cui base riteniamo congruo proporre alcune nuove considerazioni critiche.

Da esse, in prosieguo, sono scaturite, quasi per spinta logica naturale, tre conseguenti ed opportune domande che rivolgiamo ad esponenti dell'economia e della politica, in diversa misura responsabili dei fatti di cui si occupa questo blog.

A) - Informativa generale -


Come è noto, i paesi che dall'inizio entrarono a farne parte furono 11 e precisamente: Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Lussemburgo, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Portogallo, Spagna. La Grecia entrò a far parte del trattato il 1° gennaio 2001.

Non entrarono a farne parte: il Regno Unito, per sua mancata relativa decisione; la Danimarca, in conseguenza di un referendum popolare che ha respinto tale ingresso; la Svezia per insufficiente periodo temporale (due anni) di permanenza della sua moneta ("corona") all'interno della banda di oscillazione (come previsto dagli accordi di Maastricht).

L'atto fondamentale del trattato costitutivo della moneta unica ha la data del 2 maggio 1998, come si evince (Gazzetta ufficiale delle Comunità europee) dal "Comunicato congiunto, del 3 maggio 1998, dei Ministri e dei Governatori delle Banche Centrali degli Stati membri che adottano l'EURO come moneta unica, della Commissione e dell'Istituto Monetario Europeo sulla fissazione dei tassi irrevocabili di Conversione dell'euro".

Il comunicato (di cui si riportano i dati essenziali) dichiarava che:

- i tassi irrevocabili di conversione dell'euro saranno adottati dal Consiglio, su proposta della Commissione, dopo aver consultato la Banca Centrale Europea, il 1° gennaio 1999 (limitatamente alle negoziazioni monetarie e dal 1° gennaio 2002 per la normale circolazione monetaria di tutti i paesi aderenti).

- i ministri degli Stati membri dell'euro zona, i governatori delle banche Centrali di tali paesi, la Commissione Europea e l'istituto monetario europeo (IME), hanno concordato il metodo di conversione dell'euro.

Sulla base del rapporto, già fissato dal Consiglio dei capi di stato e di governo in data 17 giugno 1997 del rapporto paritario fra il precedente "ecu" con l'euro, (di fatto una pura sostituzione nominativa), venivano elencate, in apposito allegato, tutte le monete dei paesi aderenti secondo il rapporto di conversione con il marco: con l'intesa che tale rapporto sarebbe stato applicato all'euro in modo proporzionalmente corrispondente.

Ad esempio: il rapporto della lira con il marco fu fissato (vedi ns. post precedente del 23 giugno scorso, oppure la pagina "Perché questo blog") secondo l'equazione 990 lire=1 marco. In seconda istanza, considerato che 1 euro era uguale a 1,95583 marchi, si moltiplica tale valore per 990 per ottenere appunto 1 euro=1936,27 lire.

Tale proposta della Commissione fu pienamente approvata (Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee) come "regolamento" dal Consiglio dei capi di stato e di governo, nella sua interezza per tutte le monete aderenti all'euro zona, in data 31 dicembre 1998 e con due semplici articoli.
 
Il primo articolo elencava i valori di conversione in euro delle 11 monete aderenti all'euro (fra cui appunto anche quello della lira appena menzionato).

Il secondo articolo recitava semplicemente "Il presente regolamento entra in vigore il 1° gennaio 1999".

L'atto di espropriazione di potere d'acquisto, almeno per il nostro paese, era stato consumato, a danno di decine di milioni di possessori di lire.

Ce ne saremmo accorti, come normali fruitori di moneta corrente, in modo sempre crescente, a partire da un triennio dopo, cioè dal 2002 in avanti e tuttora continuativamente.

B) - Considerazioni critiche -


Nel reiterato richiamo alla pagina con titolo "Perché questo blog" è possibile trovare una disamina articolata degli elementi dimostrativi dell'erroneità del metodo di conversione della lira in euro.

Erroneità che, sicuramente per il nostro paese, è causa principale della diminuzione visibile e costante del nostro standard di benessere sociale e del parallelo nostro declino nella graduatoria dell'economia internazionale.

In senso speculare, devesi all'opposto riscontrare, che dalla moneta unica, pur nei limiti statistici che siamo in grado di compulsare, la Germania, forse unica nell'euro zona, ha conseguito un ruolo, sia economico (produttivo ed occupazionale) sia finanziario (lo spread dei suoi titoli rispetto agli altri paesi dell'Ue), tuttora in continua crescita.
 
Nel ribadire tuttavia, lo dice il nostro stesso logo, la nostra convinzione europeista ed a rinunciare per essa, anche a parti grandi di sovranità, non possiamo tacere che, nel caso, l'abdicazione alla politica monetaria secondo la tipologia applicata, ha ferito ulteriormente la visione federalista come presupposto insostituibile di un traguardo, gli Stati uniti d'Europa, a cui fin dalla giovinezza abbiamo creduto e continuiamo a credere.

La strada imboccata, nell'ambito politico monetario, se non maturiamo la consapevolezza di riconoscerne le radicali inadeguatezze e l'errore (o l'arbitrio) iniziale, rischia di portarci alla disgregazione dell'ideale stesso dell'unità politica europea.

Non pensiamo che vi sia stato un preordinato disegno di egemonia da parte della Germania che tuttavia, chiaramente, nel progetto della moneta unica, ha assunto da subito una posizione di primazia (il marco è stata tecnicamente la moneta di riferimento).

Si può dire esplicitamente che, anche per debolezza di almeno alcuni contraenti, la Germania ha   spezzato da subito il meccanismo che avrebbe potuto garantire un equilibrio possibile delle singole monete, cioè il ricorso ad un metodo basato sulla media ponderata di tutte le monete aderenti all'euro zona nel quadro comparativo dei poteri d'acquisto di tutti i paesi dell'euro zona (ivi compreso il necessario calcolo quantitativo dei rispettivi flottanti monetari).          

L'egemonia non nasce necessariamente da un piano, ma l'evolvere delle vicende può gradualmente accendere occasioni, suscitare naturali ambizioni e, raggiunte prime posizioni di vantaggio, indurre a difenderle per mantenerle e magari ad accrescerle, rendendo così irreversibile il processo.

E' comunque assurdo che in un processo di moneta unica non si sia pensato di inventariare la massa monetaria in circolazione in quel determinato momento, quello della conversione.

Qui risiede infatti l'elemento patologico che ha viziato alle radici i rapporti monetari dell'euro zona.

Noi abbiamo gradualmente sfiorato il cambio elevato con il marco (appunto 1000 lire circa contro un marco), nei limiti specifici di prodotti tecnologicamente avanzati ma di irrilevanti percentuali nel complesso del comparto produttivo italiano, estero ed interno.

Appunto nel periodo finale (fino al '98) dello scorso secolo abbiamo svolto una politica, nell'interscambio europeo, ispirata alla cosiddetta "svalutazione competitiva"i cui coefficienti erano completamente estranei al loro utilizzo in una trattativa finalizzata ad una conversione monetaria che meglio doveva definirsi come fusione multipla di undici monete diverse.

Se rinunciamo, noi italiani, ad esserne consapevoli, dovremo fatalmente rassegnarci ad assumere un ruolo gregario e subalterno, quale che possa risultare il profilo politico, cioè piramidale invece che federalista, della comunità europea.            

L'illusione nelle generosità altrui non è mai una buona politica, ma dire, come pur è stato detto, che dovevamo sottostare a questi prezzi per entrare nell'Ue , nega l'essenza di una iniziativa di autentico carattere unitario, cioè improntata al maggior equilibrio possibile con la massimizzazione dei vantaggi complessivi.

L'unità genuina non deve comportare favori o benefici ma parità di condizioni: Prodi era a suo tempo in questa giusta dimensione psicologica e non riusciamo a renderci conto della scelta da lui e da Ciampi operata.

Ma non riusciamo parimenti a capire il silenzio di tutte le realtà istituzionali e dell'olimpo italiano del sapere economico che tecnicamente, secondo le rispettive competenze, entrarono nell'operazione.

Dopo la quale, con la diminuzione del potere d'acquisto della lira, e soprattutto dopo riforme e sacrifici affrontati per conformarsi agli accordi successivi (in particolare "il Fiscal compact") che altro si può riscontrare se non il quasi costante lievitare del debito pubblico italiano ?

Forse quel silenzio derivava dallo scrupolo di non disturbare il manovratore o forse c'è stato un assopimento complessivo del mondo mediatico, favorito anche dal triennio, a sua volta non facilmente giustificabile, di ibernazione (1° gennaio 1999 - 31 dicembre 2001) della moneta unica stessa.

C) - Domande che rivolgiamo a quanti, variamente coinvolti, intellettualmente ed istituzionalmente, nel processo di unità monetaria -


1) In termini istituzionali è naturale che la prima domanda deve essere rivolta a Romano Prodi (che concepì con Ciampi e propose il metodo di conversione poi applicato) ed a Massimo D'Alema che (subentrato a Prodi nel secondo semestre del 1998, nel ruolo di presidente del Consiglio) fu il firmatario effettivo dell'accordo sopra riportato del 31 dicembre 1998. Eccone la formulazione:

"Foste assistiti e quali contributi riceveste, dalla vasta gamma di consulenti che nel 1998 erano stati organizzati all'uopo nel <Comitato Euro> nell'ambito del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica?"

2) A tutti i componenti (rappresentanti tutti i massimi organismi finanziari del Paese) che parteciparono al <Comitato Euro> di cui sopra e che intervennero in tre fasi diverse sul problema con tre pubblicazioni distinte (vedi la pagina del blog relativa alla documentazione di cui ci siamo avvalsi) e (vedi pagina "documenti") precisamente:

- "Schema nazionale di Piazza" (novembre 1997, coordinatore Tommaso Padoa Schioppa);
- "L'euro, domande e risposte" (novembre 1998, coordinatore Fabrizio Saccomanni);
- "Rapporto sull'utilizzo dell'euro in Italia" (dopo 31 marzo 2000, coordinatore Fabrizio Saccomanni)

formuliamo la seguente domanda:  

"Esiste nelle vostre accuratissime indagini, alcuna specifica analisi delle situazioni che abbia congrua attinenza con il metodo di conversione stabilito per l'Italia?"

3) A Pier Carlo Padoan, Ministro in carica di Economia e Finanza, esprimiamo il seguente quesito:

"Lei, signor Ministro, nel febbraio 1998, mandò alle stampe un libro sotto l'egida del Cer (Centro Europa Ricerche) col titolo <L'euro: Moneta Europea Moneta Mondiale> (vedi pagina "documenti").

In esso, con premessa lusinghiera di Giorgio Ruffolo, Lei, con il capitolo introduttivo e quello conclusivo e, per il resto del libro, con altri esperti del pensiero economico, tracciaste linee teorico pratiche di politica monetaria, a livello di respiro mondiale, di taglio raffinatissimo sia sul piano economico come di applicazioni statistico-matematiche.

Non aveste, Lei e/o gli altri autori, niente da chiosare in merito all'applicazione poi effettivamente operata con un tasso di conversione basato, almeno per la lira, sul semplice listino dell'interscambio italo tedesco del momento?"

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