giovedì 4 giugno 2015

Il mosaico europeo di Romano Prodi (con qualche tessera mancante)

Il 26 maggio u.s., il "Corriere della Sera", per la penna dell'editorialista Aldo Cazzullo, ha pubblicato una intervista a Romano Prodi dai contenuti particolarmente interessanti per una loro spiccata singolarità.

Sotto l'incubo della crisi greca (tuttora incombente), la questione ucraina, le preoccupanti conseguenze dei risultati elettorali di Spagna, Polonia e l'allarmante ribasso del giorno prima registrato nelle borse di Milano e Madrid, Prodi replica con sicurezza ai quesiti dell'intervistatore, esponendo opinioni articolate e soprattutto distinguibili dai punti di vista prevalenti in sede politica, sia della maggioranza come dell'opposizione.

In politica estera, con specifico riguardo alla questione ucraina, Prodi non ha alcuna reticenza a sottolineare le contraddizioni europee nei confronti con la Russia, chiaramente implicite nel volere, nel contempo, l'Ucraina nella Nato ed insieme il mantenimento di rapporti normali con la Russia.

Nella storia (infinita) della crisi greca, con pari equanimità, bacchetta la "sbruffoneria" dei negoziatori greci ma disapprova i consueti pregiudizi dell'Europa del nord sulla pigrizia mediterranea: il tutto nel quadro di uno stato di cose il cui fatale (e irrimediabile) esito era (o sarebbe dovuto essere) alla portata di tutti, Germania compresa.

"Se la Germania fosse intervenuta all'inizio della crisi - aggiunge - ce la saremmo cavata con 30 - 40 miliardi; oggi i costi sono decuplicati".

La lettura della situazione europea ha nel fondatore dell'Ulivo una sicura chiave interpretativa identificabile con una "Europa che non ha più politica né idee" ed aggiunge egli stesso "quando io definivo stupido il patto di stabilità sapevo che si sarebbe arrivati a questo punto".

Non teme tuttavia di essere ottimista, Prodi, ed a fronte dell'ipotesi avanzata da Cazzullo, di un possibile contagio greco a danno del nostro paese, tranquillizza: "Nessuno specula su un paese se sa già che non verrà abbandonato dagli altri".

Ma sul caos politico in Libia e l'avanzata dell'Isis, descrive un quadro realisticamente (e cinicamente) rovesciato: "In Libia ci sono più governi ognuno dei quali dipende da potenze straniere: Tripoli da Turchia e Qatar, Tobruk da Arabia Saudita ed Egitto; che a loro volta dipendono dagli Usa, dalla Russia e indirettamente dalla Cina. Se queste si mettono d'accordo, l'Isis scompare in un sol giorno." 

Un mosaico, quello di Prodi, non tutto intrinsecamente sempre coerente nei giudizi e talvolta asimmetrico nelle valutazioni (specie nei confronti della politica tedesca di Angela Merkel, alternativamente ritratta a tinte contrapposte) ma realistico nell'analisi e certamente non reverenziale verso alcuno.

Nell'affresco tracciato dello stato politico complessivo del vecchio continente, manca, nell'intervista la ricostruzione di quel che avvenne, lui presidente del Consiglio italiano, precisamente nella prima parte del 1998, anno appunto in cui furono elaborate le modalità dell'avvento della moneta unica. 

Modalità che, da parte italiana (Padoan, Spaventa, Ruffolo...) avevano, a nostro preciso ricordo, criteri ispiratori completamente diversi da quelli che, parliamo specificamente dei meccanismi di conversione lira/euro, furono effettivamente (e disastrosamente) applicati.
  
Orbene in un non brevissimo periodo della prima parte di quell'anno, se la memoria non tradisce, la convinzione di Prodi nella bontà dell'edificio europeo che si stava costruendo, come egli stesso lasciò trapelare, manifestava più di una perplessità (mai pubblicamente identificate nei loro precisi connotati) ma che provocarono qualche malinteso con l'allora primo ministro spagnolo Jose Marie Aznar.  

Un anno, quel 1998, cui è dedicato il primo post di questo blog ed alle cui domande osiamo sperare possano seguire congrue risposte o dal libro "Missione incompiuta" - autori lo stesso Romano Prodi e Marco Damilano - o, chissà, direttamente dalla benevolenza stessa del padre dell'Ulivo. 

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