martedì 16 febbraio 2016

La Bce: centro di potere monetario, di direzione economica, di consulenza e camera di compensazione fra gli Stati dell'Ue

La contrazione dei processi di sviluppo dei paesi emergenti, unitamente alla flessione dei coefficienti di crescita di Cina, India e Sud America, è la causa principale di una stasi perdurante dell'imprenditoria europea e mondiale.

Su tale premessa Mario Draghi, il Presidente della Bce, basa il suo  invito ai governi dell'Ue di prenderne atto e di formulare coerenti strategie di crescita, privilegiando, nelle scelte politiche europee, la ripresa degli investimenti pubblici e la diminuzione delle tasse.

Glissando sull'insoddisfacente esito delle centinaia di miliardi erogati e da erogare (piano di Quantitative easing), sia sul piano della crescita occupazionale e del prodotto lordo rispettivo, non esita a ribadire la necessità di un più congruo aumento del tasso inflazionistico.

Forse Draghi dimentica come, nei paesi europei, Italia inclusa, tendano a crescere i tassi di povertà, vengano erosi i coefficienti di benessere della classe media e cresca il tasso di concentrazione della ricchezza, in tutto il globo: coloro quindi che il morso dell'inflazione affonda impietosamente.

Quando i problemi si complicano, sembra di potersi desumere, le difficoltà saranno decise da Basilea, sede da circa un anno di un Comitato che ha la competenza di fissare gli standard mondiali della finanza.

A compensare psicologicamente il suo uditorio (precisamente l'assemblea dei parlamentari europei) assicura che non verranno richiesti aumenti di capitale alle banche, la cui solidità è certamente più robusta, se comparata a quella vigente all'inizio della crisi del 2008.

Ma si contraddice subito dopo, nel sottolineare che le novità del "Bail in", non saranno almeno per un certo periodo modificate, ma lascia intendere in compenso che la stampa degli stock monetari programmati verrà portata a compimento e, se del caso, ulteriormente accresciuta.

Sfugge Draghi, sul costo del denaro pari a zero, perché dovrebbe spiegare il fenomeno paradossale di depositi di denaro presso le banche e tra le banche, che verranno, in alcune già in corso, sottoposti a tassi di interesse negativi: forse come inevitabile fenomeno del sistema mondiale della moneta fiduciaria.  

Nel mentre di tale allocuzione di Draghi a Bruxelles (che, su domanda precisa dal pubblico, denegava esistenza di acquisti di crediti deteriorati dalle banche italiane), a Milano si dissertava su uno studio Mediobanca, specificamente sul grado eccessivo di esposizione delle banche nostrane per acquisti effettuati di titoli pubblici.

Confronti ed analisi, sia a Bruxelles come a Milano, in cui faceva inevitabile capolino il livello di indebitamento del Debito Pubblico italiano.

Insomma il ritornello di sempre, cui ogni risposta, tanto meno una strategia di percorso riparatore, non esiste se non nell'isola di Utopia: ma questa è appunto la condizione di cui, consapevolmente o meno, qualcuno, nel maggio del '98, fissò, per l'Italia, prepotenti paletti.

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