domenica 10 aprile 2016

Juncker, Katainen, Draghi, Padoan...: tante ricette, poche consonanze, deludenti risultati

Alla ribalta del Forum Ambrosetti di Cernobbio (Lago di Como), un'autorevole voce, quella di Jyrki Katainen, vice presidente della Commissione europea, ha delineato una nuova ipotesi di lavoro, in chiara e non piccola distinzione da alcune strategie monetarie vigenti nell'euro zona.

Con significative puntualizzazioni del pensiero dello stesso Jean Claude Juncker (che della Commissione europea è Presidente), il 44 enne politico finlandese, intervistato da "la Repubblica" (9 aprile) ha sottolineato due irrinunciabili presupposti di ogni sforzo di ripresa economica generale.  

Il primo di essi riguarda specificamente la condizione che gli investimenti dell'euro zona debbano provenire in grande maggioranza da capitali privati.

Il secondo investe la necessità di una politica di riduzione del debito pubblico e sottolinea, come corollario conseguente, che i capitali freschi, di origine privata o degli Istituti di credito, non siano finalizzati agli acquisti dei titoli di Stato, se non in minima percentuale.

Ma l'esponente finlandese, senza trascurare una allusione non priva di indiretta polemica con il nostro ministro dell'economia, Pier Carlo Padoan ("l'Italia è il paese che più ha beneficiato della flessibilità europea, senza realizzare alcun miglioramento economico"), non perde l'occasione di enfatizzare un altro punto fermo del suo pensiero.

Che consiste nel riordino delle Finanze pubbliche, perenne (e facilmente vulnerabile) nostro tallone d'Achille, ogni qual volta si fa menzione alla situazione italiana.      

Allusione alla quale Padoan, anche lui intervenendo a Cernobbio il giorno successivo, ha preferito non rispondere, privilegiando il necessario impegno comune rispetto al fenomeno migratorio, al terrorismo, all'occupazione giovanile.
    
La distanza di Katainen dal piano Juncker, (una ventina di miliardi che avrebbero fatto da volano ad una sottoscrizione di miliardi di dieci volte tanto, n.d.r) viene nettamente rimarcata dal suo silenzio su di esso, come non mai nemmeno proposto.

Soprattutto, l'uomo politico finlandese non spiega la mancanza di risultati derivanti dall'erogazione della mole di finanziamenti della Bce di Draghi continuativamente perseguita (per centinaia di miliardi) con una pura e semplice colossale operazione di carta stampata, quindi senza apporto alcuno di capitale privato.

Del cui esito (vera e propria denegazione del "deficit spending" keynesiano), nessuno si cimenta a diagnosticare, almeno sul piano del contrasto alla deflazione, i reali motivi della sua deludente (ed inspiegabile) riuscita.  

Ma nessuno dei succitati esimi rappresentanti europei, ritiene opportuno un cenno alla gravità della crisi politica ed economica europea, rispettivamente incarnata nel ripudio di ogni canone federalista ed in una scelta monetaria (addirittura assurda, almeno nel caso italiano) che, accrescendo le sperequazioni, ne ha compromesso ogni spirito di naturale e necessaria coesione.

Nessun commento:

Posta un commento