venerdì 1 luglio 2016

Le simulate schermaglie italo tedesche sulla politica creditizia

L'ampia varietà di problemi legali, economici e politici emersi in conseguenza del Brexit, appare come una sorpresa impensata ed impensabile per tutto il vasto cerchio di politici, funzionari ed esperti che danno il loro contributo al laboratorio di Bruxelles, dall'interno o dall'esterno di esso.

Questo induce a pensare che il clima, gli stimoli e soprattutto la varietà delle ipotesi in campo, non favoriscono un adeguato lavorio di prefigurazione, per ciascuna probabile eventualità, adeguate tattiche e strategie di minimizzazione dei danni e massimizzazione dei vantaggi.

E' invece accaduto che proprio l'evento emerso del divorzio britannico dall'Unione europea, con le connesse cadute dei listini di borsa, ha accentuato preesistenti e fatali contrapposizioni nell'applicazione delle regole cosiddette della "bail in".

Il che, nell'ambito specifico della legittimazione dell'intervento degli stati a favore delle banche di nazionalità rispettiva, caratterizzate da un insufficiente grado di capitalizzazione, ha provocato un corto circuito fra il richiedente Matteo Renzi ed Angela Mekel, nettamente contraria ad ogni violazione del "bail in".

Angela Merkel ha dalla sua l'ortodossia del principio del "bail in", pienamente accolto e fatto proprio dai paesi dell'euro zona, consistente appunto in una procedura che tende a respingere, al massimo possibile, contributi monetari di origine statale (che accrescono inevitabilmente il debito pubblico).

Come è noto, il "bail in" si avvale infatti, in via sostitutiva, degli apporti di capitale già versato dagli stessi azionisti, degli obbligazionisti (se le obbligazioni hanno elevato rischio:"sub prime") dai depositanti (da centomila euro in su).

La notizia, tardivamente diffusa, della Commissione europea, dell'approvazione della richiesta italiana di poter garantire le banche "solventi" per emissione di nuove obbligazioni, non incrina il punto di vista della Merkel.

Soprattutto non ha alcun riverbero vantaggioso in termine di ricapitalizzazione effettiva degli istituti di credito nazionali, che notoriamente è il vero punto dolente della nostra politica creditizia.

In conclusione, la Commissione europea, ci consente di operare solo in condizioni di subalternità, pur presumibilmente compiaciuta di aver illuso il pubblico italiano ed allontanato ogni sua non infondata tentazione di correre agli sportelli bancari.

Sono indubbiamente fondate le allusioni di Matteo Renzi alle passate violazioni compiute dalla stessa Germania delle regole di comportamento delle banche dell'euro zona.

Ma esse acquisterebbero assai più incisivo significato se il premier italiano avesse la capacità ed il coraggio di denunciare gli incalcolabili oneri derivati alla lira dal leonino meccanismo della sua conversione nella moneta unica.

Nessun commento:

Posta un commento