giovedì 21 luglio 2016

I fasti di genere, ma non politici, nel campeggiare dell'incontro di due donne di stato

Anche per moltissimi maschi del pianeta, grande e genuino deve presumersi il compiacimento dell'incontro a Berlino di Angela Merkel, cancelliere tedesca con Theresa  May, "prime minister" di Gran Bretagna, ed il risalto della loro congiunta immagine su tutta la stampa internazionale.

Innegabile è infatti l'evento di un incontro, di grande rilievo politico come le modalità di uscita del Regno Unito dall'Ue, che ha visto due donne come, almeno apparenti, esclusive interlocutrici.

Nel chiaro simbolo di una ormai acquisita parità di genere, anche nei campi più delicati delle attività umane e proprio nei due paesi europei più rappresentativi, è quindi giusto apprezzare la circostanza come un salutare progresso europeo, almeno sul piano della crescente equiparazione delle due metà del cielo.

Teniamo soprattutto presente, infatti, che entrambe le signore hanno assunto le loro responsabilità politiche, secondo canoni conformi alle consuetudini più accettate dei rispettivi paesi di appartenenza.

Diverso è invece il giudizio che ad esse va attribuito sul piano della loro riconoscibile omologazione comportamentale alle consuete linee politiche e procedurali finora applicate nell'edificio europeo.

Giudizio diverso che non esclude tuttavia possibile validità di merito sugli accordi dalle due signore,   essenzialmente riconducibili alla procrastinazione dell'uscita della Gran Bretagna dall'Ue: certamente oltre il 2016 e comunque in modo difforme dagli orientamenti della Commissione europea.

Il punto debole è individuabile nella scelte che entrambe le signore hanno effettuato nell'indifferenza totale di ogni riferimento all'interesse, magari puramente formale, di una Unione europea di cui hanno insieme fatto parte, fino a poche settimane or sono.

Merkel e May hanno infatti perduto l'occasione, da un punto di vista femminista - o comunque innovativo -, di riscattare una politica europea nella quale ogni esponente politico apicale si è finora distinto essenzialmente nel perseguire l'interesse nazionale che direttamente rappresentava.

Angela Merkel ne avrebbe ricavato una opportuna credenziale di maggiore europeismo, (in certa misura addebitandone la carenza a precedenti interlocutori non adeguatamente predisposti).

Theresa May, analogamente, avrebbe potuto giustificare la sua posizione favorevole al "Remain" e contro la Brexit (ed insinuando legittimamente parte delle responsabilità del divorzio britannico alle insufficienze europee).  

Ma forse è una illusione pensare che il potere consenta, a chi lo ottiene, di poterlo contaminare allargandone ad altri l'accesso: preferisce giustamente appartenere tutto ad un solo padrone.

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