domenica 3 maggio 2015

Tentativo di alzare il tiro: il colonialismo monetario

Fra i due contrapposti fronti dei fautori e degli oppositori della moneta unica europea, il nostro blog ha assunto, anzi è nato per assumere, una posizione terza. Una posizione che si identifica appunto con la dimostrata seguente argomentazione (vedi "Perchè questo blog"): l'euro, quali che siano state le motivazioni della sua realizzazione, è stato costruito male ed ha prodotto distorsioni incalcolabili a tutta l'economia europea complessivamente considerata.

Una posizione mediana, quindi, ma metodologicamente indispensabile per superare operativamente il dilemma da cui sia gli assertori come gli avversari dell'euro non riescono ad indicare alcuna via d'uscita.

I fautori dell'euro sono infatti costretti a riconoscere che l'insoddisfacente bilancio di tre lustri di vita della moneta unica ha già imposto e continua a proporre un corollario di condizioni ravvisabili su una gamma ben nota di precisi presupposti.

Alcuni di essi sono stati già posti in essere in essere (il "fiscal compact", la libera circolazione dei lavoratori e delle imprese), altri sono stati largamente teorizzati ma finora non ancora tradotti in provvedimenti concreti (equiparazione dei sistemi tributari, riforme profonde nel diritto del lavoro e massima accentuazione di politiche economiche liberiste).

Gli avversari dell'euro sono viceversa convinti che, nello scenario di crisi persistente del processo di unità europea, abbia un solo sbocco obbligato: quello appunto dell'uscita dall'euro ed il ripristino di una moneta nazionale: prospettiva pregna di incognite imperscrutabili e foriera di conseguenze irreversibili.

Orbene non esitiamo ad affermare che, comunque, ogni ipotesi scelta non può prescindere dalla valutazione consuntiva e dal riconoscimento dell'errore metodologico originale.

Se anche la lira italiana fosse stata l'unica moneta ad aver subito una conversione oggettivamente sbagliata, questo solo dato ha comunque determinato, matematicamente ancor prima che economicamente, uno squilibrio iniziale del rapporto reciproco del potere d'acquisto di ciascuna delle 19 monete del paniere dell'euro zona.

Ciò non di meno, la diagnosi complessiva del processo di unificazione monetaria dal punto di vista dei diciannove paesi può comunque rendere compiutamente l'ampiezza della patologia di una operazione monetaria iniziata dal 1999 coinvolgendo in successione i  rispettivi 19 paesi dell'euro zona.

Auspicando la più ampia (ed indispensabile) partecipazione di tutti i cittadini europei di buona volontà, tale diagnosi consentirà di verificare se oltre l'iniquità, come affermiamo essere risultato per l'Italia, si possa parlare dell'euro come di una nuova fattispecie di colonialismo del terzo millennio: appunto denominabile come (involontario?) "colonialismo monetario".

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