lunedì 9 novembre 2015

Certezza di verità, dall'uso del pubblico denaro.

Che il sistema fiscale di un paese sia una credenziale insostituibile dell'uso corretto del pubblico denaro, non è sicuramente una affermazione temeraria.

Che analogo concetto valga nei riguardi del sistema previdenziale, pensionistico e sanitario, è altrettanto scontato.

Che le verità di cui sopra trovino conferma nella concreta esperienza del nostro paese, è al contrario quasi unanime l'opinione della persistente lontananza da quei traguardi.

La deriva del nostro "Welfare state" trova proprio in questi settori livelli inaccettabili di sperequazione, conseguenza inevitabile della crisi progressiva che da oltre tre decenni ha caratterizzato la capacità di elaborazione dei partiti e della parallela deriva corporativa della politica sindacale.

Partiti e sindacati, come organi intermediari fra opinione pubblica ed interesse generale, con il parlamento come luogo istituzionale di scelta democratica, hanno cessato da tempo di essere centri di elaborazione autonoma.

I partiti in quanto vittime di una deriva crescente di subalternità all'organo esecutivo di Governo, in connessione specifica con leggi elettorali finalizzate alla preminenza della governabilità.

I sindacati che, nel persistere di un lunghissimo periodo di crisi economica ed occupazionale, hanno predisposto le loro linee di resistenza alla difesa quasi esclusiva dei livelli occupazionali, assai meno del volume crescente degli inoccupati e delle generazioni che si affacciano al mondo del lavoro.
     
Nessuna sorpresa quindi in ciò che sperimentiamo in queste giornate con le vicende della legge di stabilità.

Il parlamento, rinnegando il suo stesso nome (luogo dove si "parla"), rivela tutta la sua impotenza nella stessa imponente congerie di emendamenti messi in campo, alibi comodissimo offerto al governo che ne scorge occasione di reagire con il ricorso alla fiducia, clava simbolica dell'inevitabile e simultanea cancellazione del tutto.                    

Da ciò scaturiscono conseguenze come quelle già solennemente manifestate, anche extra istituzionali, nella cornice di una affollata piazza S. Pietro, con il Pontefice Francesco che ascolta e poi risponde, rafforzandone e ribadendone i concetti essenziali, al Presidente Tito Boeri dell'Inps (presente con tutte le migliaia di maestranze dell'istituto) su fondamentali verità sociali.

Verità che raccontano di milioni di famiglie sotto la costante soglia del necessario ricorso al debito, della precarietà come sfruttamento, del diritto imprescindibile alla pensione e di reddito minimo come testimonianza primaria di solidarietà civile.

Reagiscano pure i dirigenti del Pd al (ormai recidivante) presidente Boeri imputandogli di pubblicizzare denunce e proposte non esattamente conformi al suo incarico di Presidente dell' Inps, magari aggiungendo l'aggravante di farlo in duetto con un capo di Stato estero....

La lampante giornata di Piazza S. Pietro, è una esperienza da cui è inevitabile desumere come i Partiti, che già da tempo hanno abdicato alla loro funzione primaria di centri di elaborazione politica e sociale, si trovano ora sopravanzati, non solo da forme di associazionismo privato e volontario, ma da centri istituzionali di rilievo sociale (inclusa dottrina cattolica).

I quali, quasi obbligatoriamente, anche per i loro problemi intrinseci, sottolineano le gravi insufficienze dei poteri pubblici, quasi come interpreti destinati a surrogarli.

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