lunedì 23 novembre 2015

Soccorso (domenicale) in extremis di banche in dissesto

Non vi è dubbio che nel mondo bancario gli estremi della solidarietà sono ben noti, tali anzi da attirare l'attenzione vigile e protettiva di Bankitalia e del governo.

Al capezzale di quattro istituti di credito già da tempo commissariati (Banca Marche, Popolare dell'Etruria, Cariferrara e Carichieti) sono intervenuti, ciascuno nelle proprie sedi, il Consiglio dei Ministri e la Banca d'Italia, nella giornata domenicale di ieri.

Si trattava di decidere il modo di uscire dallo stato di dissesto senza procedere alla dichiarazione di fallimento ma con ricorso alla liquidazione coatta amministrativa.

Tutto ciò nel rispetto delle nuove normative di imminente entrata in vigore in sede europea e senza il ricorso a forme più o meno dissimulate di interventi configurabili come aiuti di Stato.      

Ciascuna di esse, con la denominazione tradizionale modificata solo in quanto preceduta con il termine "Nuova", scorporerà le partite contabili in sofferenza (essenzialmente per crediti di difficile esazione) che confluiranno in una bad bank (si chiarirà se una per ciascuna o una per tutte) che provvederà ad un recupero al meglio, realisticamente possibile.

Le banche nazionali provvederanno a fornire un ammontare complessivo di 3.6 miliardi, per le quattro banche risanate, un metà circa a copertura delle perdite e l'altra metà per la ricapitalizzazione le quattro nuove banche: il tutto per il tramite di un Fondo di Risoluzione all'uopo costituendo.

Le nuove banche avranno un unico presidente (si parla di Roberto Nicastro ex direttore generale di Unicredit) e le somme sopra illustrate saranno anticipate da Intesa S. Paolo, Unicredit e Ubi Banca.

La scelta descritta è stata forse una strada obbligata, specie dopo gli sforzi vani di ottenere un consenso della Commissione europea per un intervento dello Stato a vantaggio delle suddette quattro banche e, in modo propedeutico, per concepire un tampone ai circa duecento miliardi di crediti in sofferenza che gravano notoriamente sul nostro mondo creditizio.

E' comunque certo che tutta la mala gestione del sistema bancario nazionale è lontanissima da una sana opera di revisione critica ma, quanto meno consolatoriamente, si è forse preso atto che il ricorso alla fiscalità generale ha cessato di essere un percorso praticabile.

Con un desolato pensiero, scaturito dal concorso di esponenti del credito e della politica che si sono responsabilizzati per quattro banche di medio basso livello.

Non si capirà mai, invece, il motivo dell'assenza di tutti quando si procedette alla conversione lira - euro, cioè al passo più importante della storia dell'economia italiana dal '45 in poi.

Certamente nessuno, dei tanti che avrebbero dovuto sapere e forse sapevano, seppe brillare per senso di responsabilità e coraggio civico.                      

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