mercoledì 25 novembre 2015

Sul recente salvataggio bancario: l'auto compiacimento fuori luogo dell'ABI

L'alleggerimento dei crediti deteriorati, vedi nostro post precedente, destinati a confluire nella bad bank unica per le quattro banche (Banca Etruria, Banca Marche, Cariferrara e Carichieti), deciso dal Governo domenica scorsa, ha prodotto un immediato aumento (2%) dei listini di Borsa del comparto bancario.

Non è apparsa, al riguardo, del tutto confacente, alla luce del listino, la parallela dichiarazione di Antonio Patuelli, Presidente dell' ABI (Associazione bancaria italiana), tesa a sottolineare lo "sforzo straordinario" sostenuto dalle banche, per "la spinta alla ripresa" dell'economia italiana.

Lo sforzo richiamato è, in realtà, limitato a quello delle differenza temporale tra il finanziamento alle summenzionate quattro banche, in liquidazione coatta amministrativa, e quello da versare (in termini di Ires) al compimento delle scadenze fiscali di competenza.

Non una gran cosa, quindi, rispetto al beneficio della cancellazione di ogni probabile rischio di contraccolpi nocivi per tutto l'ordine creditizio nazionale ma, soprattutto, di preservare, con il ricorso alla Bad Bank - vedi ns. post al riguardo -, un patrimonio che, ripulito dalle partite in sofferenza, conserva indubbi e consistenti vantaggi occupativi e di know-how professionale.

Ma soprattutto le banche, coinvolte o meno da siffatte procedure, ad onta delle responsabilità ad esse eventualmente attribuibili, sono le ultime a potersi dolere di favorevoli trattamenti, non di rado veri e propri benefici, già ricevuti o da ricevere.

Quale che sia infatti l'oggettiva motivazione per cui, in sede internazionale, è stato deciso, come unica strada di fuori uscita dalla crisi imperversante da un lustro e mezzo, di riconoscere alle banche vantaggiosissimi prestiti (negli Usa dalla Fed, in Europa dalla Bce) con tassi di interesse vicinissimi allo zero, è comunque indubbio il carattere privilegiato e non sempre meritato di tutto il mondo bancario.

Occorre d'altra parte, su un diverso piano, tenere ben presente che da parte della stessa Commissione europea è tutt'altro che scontato che la natura dei provvedimenti varati domenica scorsa sia immune dalla contestazione di "aiuto di Stato" ( proprio perché lo Stato infatti rinuncia, almeno temporaneamente, ad una parte delle imposte sul redditi d'impresa dovute dai soccorrenti alle aziende in dissesto, n.d.r.).

Ed in questo quadro, ben fondate appaiono le preoccupazioni del ministro  Pier Carlo Padoan, consapevole che il provvedimento a favore delle quattro banche di cui sopra, poco importante in sé, era ed è essenziale come "precedente" riconosciuto, in rapporto all'incertezza sul futuro modo di gestire un ammontare complessivo dei crediti in sofferenza, nel mercato nazionale, calcolato al livello di duecento miliardi di euro.

Una cifra che si evidenzia in assoluto la più alta di ogni altro dei 19 paesi dell'euro, è calcolabile in percentuale a circa il 17% del nostro Pil e rappresenta quasi un terzo delle sofferenze totali di tutta l'euro zona.      

Insomma, ci viene fatto cortesemente e costantemente notare, in sede europea (ce lo ricorda pubblicamente Danièle Nouy, vertice della sorveglianza della Bce), che i nostri conti sono ben lontani dai criteri ispiratori degli accordi relativi alla moneta unica.

E' superfluo, ancora una volta, auspicare l'opportunità di far chiarezza su quello che fu un atto incalcolabile di espropriazione del potere di acquisto, alla base del costante successivo peggioramento del debito pubblico italiano, e perpetrato appunto tre lustri or sono, con la conversione della nostra moneta.

Perché vecchi e nuovi governi italiani hanno sempre affrontato controversie internazionali con argomenti privi di presupposti fondati ed hanno taciuto su una vera e colossale ingiustizia, di cui tutta la moltitudine dei nostri contribuenti è stata, e tuttora rimane, vittima ingiustamente pagante?              

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