L'interpretazione dell'occultamento di certe verità non ha una sola motivazione, ma la principale risiede principalmente nello scarso gradimento o addirittura per ostilità dei più importanti centri di potere, il governo anzitutto.
Il discorso con cui ieri Mario Draghi, a Francoforte, ha auspicato la necessità di una unità bancaria ha marcato accenti assai più cauti, rispetto all'ottimismo ostentato nell'intervista a "il Sole 24 ore" (ripresa nel precedente post).
Diffondendosi sull'esigenza che una moneta nuova, come l'euro, deve avere interezza di garanzie, ivi compresa l'assicurazione sui depositi, ovunque sia l'ubicazione di questi ultimi, il presidente della Banca Centrale europea, non ha ritenuto, nemmeno gli competeva, di puntare il dito contro il comportamento ostativo di Wolfang Schauble, ministro tedesco della Finanze.
Lo statista tedesco infatti, l'abbiamo raccontato, individua la debolezza del sistema bancario del nostro paese, assai più che per intrinseca fragilità, per l'essenziale motivo di derivare soprattutto dalla sua persistente (ma inevitabile) vocazione a sottoscrivere i titoli del Debito Pubblico italiano, di cui, per l'elevatezza del suo ammontare, sono ben noti i rischi di insolvenza.
E' evidente che una concezione siffatta delle cose non può comunque trovare, a livello ufficiale, l'assoluta e permanente afasia del governo italiano: essa trascende infatti le specifiche questioni, monetarie ed economiche, da cui originano.
Il tacere continuo, da parte di coloro cui competerebbe invece di parlare, induce psicologicamente ad una valutazione della situazione come una infelice ma meritata conseguenza dei nostri difetti nazionali, anche quando, come nel caso esemplare dei rapporti monetari, potrebbe portare a più dignitose e feconde rivendicazioni dei torti subiti.
Il silenzio ufficiale e l'imbelle atteggiamento servile che lo accompagna, accentuando l'inutilità delle nostre private virtù, ne accentua e fomenta la loro dismissione ed innesca una quasi obbligata corsa a comportamenti amorali ed all'antica arte italica del privato arrangiarsi fino allo sbocco del facile dilagare nella corruzione come fenomeno di massa. .
Pur consapevoli che un osservatorio, con i connotati di questo blog, è soltanto un gradino più alto di una "vox clamans in deserto", esso è comunque in grado di vaghe ma attendibili misure di massima del grado di consapevolezza di un tema come quello che qui trattiamo.
Consapevolezza che si potrebbe riassumere nel generico ed assai esteso convincimento che la moneta unica non abbia rappresentato un vantaggio per noi, specie a livello del consumatore quotidiano, ma nella impossibilità di darne confacente dimostrazione, il risultato è l'impossibilità di individuare rimedi purchessia.
Ed i pochissimi che, più o meno rigorosamente, hanno chiarezza del carattere leonino della conversione lira-marco-euro (ulteriormente potenziato dal Fiscal Compact), ma, per comodità di posizioni politiche o per pigrizia mentale, si ritraggono da ogni minimale ipotesi di ripristino di verità.
Si genera gradualmente per le tortuose strade della psicologia del profondo, l'accettazione graduale di un declinare del paese lungo le vie più connaturali ad un paese di servizio: con il suo clima, la sua cucina, la sua tradizione di arte, il suo turismo.
E simmetricamente con la disoccupazione endemica, con i bassi salari, con la migrazione degli intelletti migliori, con la concentrazione crescente delle ricchezze.....
A questo triste cammino di ritorno all'immaginario internazionale del ritratto tipico italiano, annessi mandolino e maccheroni, crediamo tuttavia di non dare alcun credito, sovrastandoci prospettive di rapporti mondiali che non consentiranno all'Europa, di costruirsi da sola le proprie suddivisioni di competenza.
La forza del ragionare dovrà pur portare i tedeschi, i più beneficiari e in parte i più responsabili, a capire ciò che di iniquo, circa mezzo secolo fa, fu a loro stessi riconosciuto, con l'attenuazione radicale dei debiti di guerra.
Come si stabilisce negli stessi codici civili per gli accordi privati, ancor più nei trattati internazionali la reciprocità della buona fede e la durata degli accordi devono trovare la loro premessa nella buona fede: un buon contratto (per una Unione a marca federale) deve comportare benefici per entrambe le parti contraenti.
Ma per ottenere questo primo risultato, occorre il preliminare ed unanime riconoscimento dell'errore, grave per noi, oltremodo benefico per loro, e assurdo per le modalità adottate.
Quelle assurde modalità qui ampiamente rivisitate in questi nove mesi di esistenza e confermate candidamente dallo stesso Romano Prodi, uno dei massimi protagonisti, con Helmut Kohl, di una conversione monetaria che, per le gravissime ed incalcolabili conseguenze, continua a gridare vendetta.
Il discorso con cui ieri Mario Draghi, a Francoforte, ha auspicato la necessità di una unità bancaria ha marcato accenti assai più cauti, rispetto all'ottimismo ostentato nell'intervista a "il Sole 24 ore" (ripresa nel precedente post).
Diffondendosi sull'esigenza che una moneta nuova, come l'euro, deve avere interezza di garanzie, ivi compresa l'assicurazione sui depositi, ovunque sia l'ubicazione di questi ultimi, il presidente della Banca Centrale europea, non ha ritenuto, nemmeno gli competeva, di puntare il dito contro il comportamento ostativo di Wolfang Schauble, ministro tedesco della Finanze.
Lo statista tedesco infatti, l'abbiamo raccontato, individua la debolezza del sistema bancario del nostro paese, assai più che per intrinseca fragilità, per l'essenziale motivo di derivare soprattutto dalla sua persistente (ma inevitabile) vocazione a sottoscrivere i titoli del Debito Pubblico italiano, di cui, per l'elevatezza del suo ammontare, sono ben noti i rischi di insolvenza.
E' evidente che una concezione siffatta delle cose non può comunque trovare, a livello ufficiale, l'assoluta e permanente afasia del governo italiano: essa trascende infatti le specifiche questioni, monetarie ed economiche, da cui originano.
Il tacere continuo, da parte di coloro cui competerebbe invece di parlare, induce psicologicamente ad una valutazione della situazione come una infelice ma meritata conseguenza dei nostri difetti nazionali, anche quando, come nel caso esemplare dei rapporti monetari, potrebbe portare a più dignitose e feconde rivendicazioni dei torti subiti.
Il silenzio ufficiale e l'imbelle atteggiamento servile che lo accompagna, accentuando l'inutilità delle nostre private virtù, ne accentua e fomenta la loro dismissione ed innesca una quasi obbligata corsa a comportamenti amorali ed all'antica arte italica del privato arrangiarsi fino allo sbocco del facile dilagare nella corruzione come fenomeno di massa. .
Pur consapevoli che un osservatorio, con i connotati di questo blog, è soltanto un gradino più alto di una "vox clamans in deserto", esso è comunque in grado di vaghe ma attendibili misure di massima del grado di consapevolezza di un tema come quello che qui trattiamo.
Consapevolezza che si potrebbe riassumere nel generico ed assai esteso convincimento che la moneta unica non abbia rappresentato un vantaggio per noi, specie a livello del consumatore quotidiano, ma nella impossibilità di darne confacente dimostrazione, il risultato è l'impossibilità di individuare rimedi purchessia.
Ed i pochissimi che, più o meno rigorosamente, hanno chiarezza del carattere leonino della conversione lira-marco-euro (ulteriormente potenziato dal Fiscal Compact), ma, per comodità di posizioni politiche o per pigrizia mentale, si ritraggono da ogni minimale ipotesi di ripristino di verità.
Si genera gradualmente per le tortuose strade della psicologia del profondo, l'accettazione graduale di un declinare del paese lungo le vie più connaturali ad un paese di servizio: con il suo clima, la sua cucina, la sua tradizione di arte, il suo turismo.
E simmetricamente con la disoccupazione endemica, con i bassi salari, con la migrazione degli intelletti migliori, con la concentrazione crescente delle ricchezze.....
A questo triste cammino di ritorno all'immaginario internazionale del ritratto tipico italiano, annessi mandolino e maccheroni, crediamo tuttavia di non dare alcun credito, sovrastandoci prospettive di rapporti mondiali che non consentiranno all'Europa, di costruirsi da sola le proprie suddivisioni di competenza.
La forza del ragionare dovrà pur portare i tedeschi, i più beneficiari e in parte i più responsabili, a capire ciò che di iniquo, circa mezzo secolo fa, fu a loro stessi riconosciuto, con l'attenuazione radicale dei debiti di guerra.
Come si stabilisce negli stessi codici civili per gli accordi privati, ancor più nei trattati internazionali la reciprocità della buona fede e la durata degli accordi devono trovare la loro premessa nella buona fede: un buon contratto (per una Unione a marca federale) deve comportare benefici per entrambe le parti contraenti.
Ma per ottenere questo primo risultato, occorre il preliminare ed unanime riconoscimento dell'errore, grave per noi, oltremodo benefico per loro, e assurdo per le modalità adottate.
Quelle assurde modalità qui ampiamente rivisitate in questi nove mesi di esistenza e confermate candidamente dallo stesso Romano Prodi, uno dei massimi protagonisti, con Helmut Kohl, di una conversione monetaria che, per le gravissime ed incalcolabili conseguenze, continua a gridare vendetta.
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