Siamo dunque forse giunti, nell'ininterrotto dibattito sullo stato politico ed economico del cammino unitario europeo, alla fase meritoria della sua definitiva caratterizzazione.
Più precisamente al momento in cui approfondite analisi e relativi giudizi sono in grado di collocare meritoriamente un processo nel quadro delle fondamentali categorie della storia passata e dei suoi prevedibili sbocchi futuri.
Tenta di convincercene Christian Salomon, pensatore di raffinata cultura, storica e filosofica, in un mini-saggio dal titolo "Il Leviatano che minaccia l'Europa" ("la Repubblica",8 agosto u.s.).
Il Leviathan (mostro invincibile del libro di Giobbe, nel vecchio testamento) fu l'opera più convincente del pensiero del filosofo Thomas Hobbes (1588 -1679) e della sua teoria cosiddetta del "convenzionalismo morale".
Dalla negazione dell'esistenza oggettiva del giusto e dell'ingiusto, del bene e del male, discende per Hobbes, l'utilità che diviene necessità di una convenzione fra gli uomini se si vuole evitare uno stato di conflitto perenne, imposto dal duplice istinto di potenza e di salvaguardia di sé, insito in ogni individuo.
Lo Stato (il "gran leviatano", espressione intimidatoria della sovranità assoluta), come istituzione, è il risultato del compromesso fra gli uomini per vivere, almeno come comunità di individui con interessi affini, in condizioni di possibile pace operosa, e di difesa ad oltranza dall'aggressione eventuale di altre comunità.
Ma nell'alternativa fra una Europa a struttura federale e quella opposta di una unificazione forzata, appare ormai consolidarsi questo secondo percorso.
Il leviatano cioè della fase in cui i popoli europei hanno scelto di vivere dopo millenni di conflittualità ha gettato la maschera, rivelando "la sua opacità, il suo linguaggio sclerotizzato, ed il formarsi di una burocrazia , che ne distrugge il carattere democratico che era il presupposto ideale e consensuale della costruzione europea".
Quanta e quale verità esprimano queste interpretazioni dell' Europa che stiamo preparando, non può comunque che riproporre l'esame degli errori commessi, nella consapevolezza della loro necessaria rimozione, nel riconoscimento dei gravissimi danni già subiti e per evitarne la loro fatale progressione.
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