lunedì 3 agosto 2015

Decadimento del Gattopardo ?

Da tutti gli indizi che promanano dalle polemiche parlamentari, ivi includendo le variegate dichiarazioni governative e, da oltre oceano (Tokio), dello stesso premier, si deriva una sola verità: i fondamentali problemi italiani restano, a metà legislatura, restano tutti fermi e irrisolti.

Con l'aggravante che, nel caos delle opinioni in conflitto, si sono smarrite anche condivise interpretazioni sulle criticità storiche vuoi del Mezzogiorno, come sulla coerenza delle ideologie tradizionali post unitarie, e sulla stessa univoca visione del nostro stato unitario.

Lo si desume visibilmente da una circostanza paradossale, tutta intrinseca al modo di essere (o di non essere) del Partito Democratico, che sembra assumere sempre il ruolo di specchio illusorio del possibile coesistere delle alternative più inconciliabili.

Il comportamento della classe dirigente ha un modo di procedere che sembra addirittura incapace di una visione unilaterale e faziosa di appartenenza sociale, e si smarrisce nell'illusorietà di una giostra autolesiva ed
inconsistente di prese di posizioni individuali.

Lo si constata nella volatilità delle scelte politiche in campo giudiziario, nella superficialità delle interpretazioni sulla regressività della politica meridionale (derubricata a piagnisteo) e nella cecità con cui da  parte ufficiale (non) si è reagito al dichiarato riconoscimento del nocumento dell'euro alla nostra economia.

Sembra quasi inevitabile prendere atto che il declino della nostra politica si caratterizza proprio con il confronto gattopardesco della ricerca (in questo molto accorta) degli eredi del nostro risorgimento e giù fino ai nostri giorni, nella ricerca della subalternità ai gruppi egemoni di potere.

E' troppo pessimistico ipotizzare che il nostro paese, o meglio i comportamenti dei suoi gruppi dirigenti, non sappiano nemmeno più riconoscere i propri interessi di classe, in un naufragio senza bussola alcuna?

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