sabato 29 agosto 2015

L'impero delle monete fiduciarie

L'andamento delle borse mondiali di questa settimana è un esasperato esempio dell'impossibilità di trovare una interpretazione razionale delle scelte operate da speculatori privati, fondi azionari e responsabili politici di tutto il mondo.

E' parimenti difficile rintracciare strategie che possano giustificare tante contraddittorie decisioni o che possano, più limitatamente, essere riconducibili a tentativi di riposizionamento reciproco delle forze economiche dei maggiori paesi.

Alcuni hanno ravvisato l'inizio di questa turbolenza, certo tutt'altro che conclusa, nell'obiettivo della Cina (vera protagonista della settimana), di simulare un opportuno ribasso dei corsi azionari, eccessivamente saliti troppo nel biennio precedente, per renderli più corrispondenti ai loro valori reali.

Altri hanno focalizzato l'intento principale, nella svalutazione dello yuan al fine precipuo di ripristinare la competitività dei mercati cinesi con il resto del mondo, non escludendo tuttavia più vere ragioni rintracciabili nella conflittualità interna del potere politico in corso a Pechino.

Da tali rivalità sarebbe scaturita l'iniezione di 23,4 miliardi di dollari decisa ed attuata dalla Banca Centrale cinese, per la ripresa del listino di borsa, con l'ausilio del "China Securities Finance" che disporrebbe di circa 500 miliardi di dollari ("Il Fatto Quotidiano", 9 agosto).

E' emerso, nel dedalo confuso delle informazioni di dettaglio, che la Cina avrebbe immesso sul mercato internazionale pacchetti di titoli pubblici Usa di cui pare detenga un rilevantissima percentuale, secondo alcuni intorno al 40% del totale del Debito pubblico americano (il più alto in assoluto) ma non è da trascurare l'analoga precisazione che il debito pubblico cinese ammonterebbe a 28.000 miliardi di dollari, non certo una cifra da bazzecola.

Analoghi interrogativisi pongono specularmente in tutto il resto del mondo borsistico, seppur limitatamente a comportamenti che si sono caratterizzati forzatamente per una linea difensiva.

Se questo complicatissimo scenario, giornalmente variabile, ma ulteriormente esasperato dalle quotazioni di materie prime e, soprattutto, fra esse, di quelle attinenti all'energia, resta un unico coefficiente che consente agli operatori pubblici (o dal proprio governo sostenuti) di muoversi con un rischioso ma efficace dispositivo di attacco a priori o di correzione a posteriori.

Dispositivo assicurato dal carattere unificante, ormai da tempo, delle monete di tutto il mondo rappresentato semplicemente dalla moneta di carta stampata, con le conseguenze ben note in termini di inflazione all'interno e di sperata concorrenzialità all'esterno.

Sono appunto definite monete fiduciarie (ormai lontane dalle monete convertibili in vigore fino ai primi anni '70) e che dopo la fine della guerra fredda, l'ingresso della Cina fra i grandi del mondo ed infine lo sviluppo di Internet, assumono connotati rilevantissimi.

Esse sono uno strumento attraente, di semplice ed immediata esecuzione, che dà ai governi un ormai sperimentato potere politico che investe tutta l'articolazione economica, di condizionamento interno e di influenza esterna, di portata apparentemente illimitata ma fomite indubbio di grandi disastri.


Post Scriptum. L'ignoranza dello schema concettuale ed interpretativo di questa realtà è sicuramente alla base di quella incomprensibile conversione della lira in euro decisa nel 1998 ed entrata in vigore nel 2002. 

L'errore di incalcolabile portata commesso in quella circostanza, ci permettiamo di asserire, fu commesso da due governi (Prodi e D'Alema) con il silenzio di un Comitato di nominati esperti per l'euro, del Parlamento, della Banca d'Italia, dei Partiti, dei Sindacati e della stampa pubblicistica in genere, ivi compresi gli stessi detrattori dell'euro in sé.

La descrizione sintetica di quegli eventi, si ritrova nella finestra intitolata "Perché questo blog" ed in numerosi post successivi, del presente sito.

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