sabato 16 gennaio 2016

Juncker contro Renzi: vertenza aperta, carte in tavola ma soprattutto quelle fondamentali

Il persistente atteggiamento critico del premier italiano nei confronti della Commissione europea è stato ieri aspramente e pubblicamente disapprovato da Jean Claude Juncker, che di essa commissione è presidente.

Secondo Juncker (che ha forse parlato con il preventivo consenso della cancelliera tedesca) è parimenti arbitrario l'intestarsi di Renzi del merito dei criteri di flessibilità in dotazione alla Commissione europea: criteri che, al contrario, sono stati assunti autonomamente dalla Commissione stessa.

I pacati tentativi effettuati da Pier Carlo Padoan (sull'insussistenza di motivi autentici di contrasto) e da Federica Mogherini (sulla necessaria repulsione di ogni disarmonia dei paesi dell'Unione), per sdrammatizzare la gravità dell'inatteso attacco dello statista lussemburghese, sono stati subito vanificati dalle successive dichiarazioni del premier italiano.

Matteo Renzi non ha infatti esitato a rivendicare le benemerenze italiane in tema di flessibilità e   soprattutto ad esigere, senza timidezza alcuna, il dovere del rispetto altrui per il governo italiano
e per il paese da esso rappresentato.

Le scelte economiche europee escono dal loro naturale alveo politico e, per l'acuirsi della personalizzazione dello scontro, concorrono ad accrescere la crisi dell'Unione e ne rendono difficile la rimozione.

Stemperare i dissensi italiani con Bruxelles, non giova a restituire compattezza all'Ue, cui invece si addiverrà solo quando se ne rivedranno, con serena freddezza, gli autentici e profondi errori della sua origine.

Il riconoscimento di un punto percentuale di sforamento degli indici di Maastricht, e litigare per essi, rappresenta un contenzioso equivalente, più o meno, al piccolo litigio coniugale continuo fino ad assumere i connotati propedeutici al divorzio.  

In definitiva, almeno nel caso italiano, Renzi e Merkel, non hanno responsabilità alcuna nei fatti della conversione monetaria e parimenti, almeno per il premier italiano, dell'introduzione del Fiscal Compact.

La serena valutazione con cui si procedette alla svalutazione della lira italiana, potrebbe essere quindi esaminata con tutta la serenità possibile: il Presidente del Consiglio italiano, se consapevole dell'iniquità di quell'accordo, ha tutto il diritto e la forza di chiedere preliminarmente almeno una pronuncia di merito e di giudizio.

Non si dimentichi, infatti, che la ricostruzione dell' Europa occidentale fu possibile solo e quando la Germania chiese ed ottenne la radicale modifica del trattato di pace nei primi anni '50 del secolo scorso.

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