sabato 30 gennaio 2016

Colloquio di Merkel e Renzi: fotografia di una crisi

Accade sovente nella storia dei rapporti internazionali che gli incontri informali fra i potenti, non giovino ad alcuno salvo che, più o meno illusoriamente, a loro stessi.

E' ciò che più o meno si può supporre essersi proposti nell'incontro di ieri, Matteo Renzi ed Angela Merkel, entrambi in un momento politicamente delicato.

Di litigiosità e di isolamento in ambito europeo (per il premier italiano), e di crescente impopolarità interna tedesca, per la gestione dell'immigrazione (per la Cancelliera austriaca).  

Il loro pubblico saluto di commiato, nella conferenza stampa, ha dato infatti modo, ai due capi di Governo, di dichiararsi soddisfatti per i risultati del loro incontro.

Renzi, pago della promessa di essere in futuro sistematicamente consultato in ogni opportuna circostanza, ma (più o meno consapevolmente) dimentico delle flessibilità reiteratamente invocate e non ottenute.

Merkel, sicuramente compiaciuta di aver disinnescato ogni velleità del collega italiano di contestare la Commissione europea (i conclamati "pugni sul tavolo") ma, più concretamente, di averne forse dissolto ogni contrarietà alla raccolta solidale, dei paesi dell'Unione, della somma di tre miliardi di euro (quota italiana 280 milioni), a risarcimento del governo di Ankara, per gli oneri di gestione di imponenti masse di profughi ed impedirne l'arrivo in Europa.  

Ma la cancelliera tedesca ha ottenuto soprattutto un risultato politico molto rilevante, precisamente il rovescio della gratificazione personale di Renzi di essere consultato e, con fondate prospettive, di entrare a far parte del cosiddetto Direttorio dell'Unione.    
       
A prescindere infatti dalle pur legittime sue personali ambizioni, Renzi ha perso una occasione.

La proposta e l'accettazione di tale prospettiva, rappresenta il riconoscimento implicito, da parte del governo italiano, della legittimità intrinseca del Direttorio, (finora rappresentato dal binomio franco tedesco) e quindi di una impostazione egemonica della politica europea, staccata dai parlamenti nazionali e da quello europeo.

Una visione, in altre parole, basata sulla volontà dei leader dei paesi più forti, addirittura peggiore dell'Europa delle Patrie, di gollista memoria e quindi l'antitesi netta di una concezione federale.

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