domenica 27 dicembre 2015

Chiose su editoriale di Corsera: "Attaccare la UE non ci conviene"

Nel riprendere il discorso con il suo pubblico, dopo i tradizionali due giorni natalizi di sospensione, Corsera, propone oggi, nell'editoriale di prima pagina, un tema di strettissima attualità.

La netta formulazione del titolo, "Attaccare la UE non ci conviene", immediatamente ci introduce, per la penna di Francesco Giavazzi, nella tesi fondamentale del citato editoriale.

Una tesi che, sinteticamente, può identificarsi nella denuncia dell'inopportunità diplomatica di reiterati rilievi critici emersi da, più o meno, recenti dichiarazioni del premier Renzi, nei confronti della politica dell'Ue, in particolare connessione con l'incessante tormentone del salvataggio delle quattro banche italiane decotte.  

Giavazzi, dimostrativamente, sottolinea il modello di comportamento francese, il cui linguaggio diplomatico sembra dimenticare che la Francia, a differenza di noi che ne uscimmo nel 2013, si trova nel bel mezzo della procedura europea di Sorveglianza.

Il Governo francese, nota efficacemente Giavazzi, non sorretto peraltro da benemerenze, in quanto inesistenti, in campo riformatore, non esprime mai contestazioni né doglianze o motivate richieste, ma semplicemente non se ne preoccupa e persegue tranquillamente le proprie scelte.  

Ma mentre nessuno, nell'universo mediatico, sembra desideroso di sottolineare le irregolarità francesi, ogni dettaglio dei conti italiani, è costantemente sotto la lente severa della pubblica opinione internazionale.

Il comportamento di Renzi, prosegue Giavazzi, sfiora il paradosso di operare le buone scelte (come specificamente, secondo il giornalista, nel caso delle quattro banche) e nel contempo ne evidenzia le ingiustizie subite dal nostro paese, provocandone gli inevitabili contraccolpi.
   
Quale sia la validità diplomatica dell'analisi di Giavazzi, non sapremmo dire, ma non ci convince la scelta del silenzio sul piano delle imprescindibili e fondamentali verità, nel quadro generale del nostro modo di stare in Europa.

Verità non soltanto riconducibili ai complicati temi della solidità del sistema bancario italiano, i cui connotati, ci permettiamo di osservare, non sono sicuramente garantiti dalle recenti definizioni, formalmente rassicuranti ma del tutto convenzionali ed assai scarsamente credibili, del ministro dell'economia Pier Carlo Padoan.

Connotati che invece, secondo Giavazzi, hanno il punto critico fondamentale nella necessaria distinzione fra debito pubblico lordo e ricchezza delle famiglie: che, come ci riserviamo di compiere prossimamente, può essere parte ma solo trascurabile del quadro complessivo.

Al contrario, la constatazione che, ad onta dei tanti sacrifici effettuati da tre lustri in poi, il costante livello altissimo del nostro Debito pubblico, non esitiamo ad asserire che l'esame delle sue autentiche coordinate, risiede nella scelta consumata, a.D. 1998, con il metodo di conversione della lira nella moneta unica.

Di quell'atto, vorremmo che soprattutto Renzi, la cui estraneità anagrafica da quell'accordo è indiscutibile, fosse o si rendesse sensibile e consapevole, facendone un uso analogo a quello effettuato dai tedeschi negli anni '50 del secolo scorso, soppiantando radicalmente i debiti di guerra.

Senza tale passaggio, la nostra politica monetaria è solo una fatica di Sisifo.

Dalla comparazione analitica del punto di vista di Giavazzi, con l'assurdità della conversione della lira, (vedasi la pagina "Perchè questo blog") non potrà che scaturire la gravità delle conseguenze di quel metodo di conversione della lira nell'euro.

Una conversione che si tradusse in un vero e proprio atto, conscio ed inconscio ma senza precedenti, di espropriazione, di immenso ammontare, del potere d'acquisto, dei patrimoni e dei redditi valutati in lire e che è tuttora perdurante.

Nessun commento:

Posta un commento