sabato 12 dicembre 2015

Le possenti roccaforti del lessico ministeriale

In un articolo del 10 dicembre scorso su Corsera, Milena Gabanelli riporta brani particolarmente complicati (criptici, per il lettore non addetto ai lavori) desunti dal sito del Ministero dell'Economia, e ne propone una personale ma chiara e, almeno per questo, accettabile interpretazione.

Si tratta di brani riconducibili certamente, se non alla penna, alla responsabilità di Maria Cannata, direttore del Dipartimento del Debito pubblico, cui da tre lustri compete la quantificazione delle linee di sviluppo e controllo del Debito e l'illustrazione delle connesse motivazioni ispiratrici delle scelte adottate dal Governo.
         
Dopo un elenco breve ma significativo, senza ombra di ironia e scevra da ogni parvenza di animosità, giunta al punto conclusivo del suo editoriale, Milena Gabanelli si inserisce con efficace tempestività, pur senza citarlo, nel fervido dibattito in corso sul salvataggio dei quattro istituti di Credito (vedansi nostri post del 23, 25 novembre e 3, 6 dicembre) e sulle connesse grottesche polemiche aperte sulla natura dei titoli derivati.

Con chiaro distacco da ogni problema di carattere lessicale, Gabanelli infatti scrive: "Se un domani la Corte dei Conti o la Procura della Repubblica, dovessero chiedere conto di tutte la carte esplicative di operazioni dannose per lo Stato, la dirigente Maria Cannata, potrebbe rispondere: < Ma io, la relazione l'ho inviata al Governo, alla Commissione finanza, ai rami del Parlamento; se non hanno capito e non hanno posto rimedio, che c'entro? >".  

Una brillante intuizione, scaturita proprio dai labirinti interpretativi delle leggi e norme attuative, che concorre a comprendere come ideatori, elaboratori ed esecutori di proposte e progetti di legge, proprio nel loro smarrirsi del linguaggio ministeriale, non si sentano mai, intimamente e sinceramente, i responsabili finali e decisivi.

Orbene, grati a Milena Gabanelli per l'ipotesi formulata, ci chiediamo se motivi consimili possano spiegare il silenzio di coloro ai quali, come cittadini e come contribuenti, abbiamo chiesto di illustrare le giustificazioni del meccanismo adottato per la conversione della lira con l'euro alla fine del 1998 e che non esitiamo a ritenere fomite primario delle drammatiche nostre traversie economiche del quindicennio trascorso.

A coloro cioè che, numerosi ma non unici, hanno avuto parte preminente in quell'accordo, di cui convintamente denunciamo, da molto tempo, l'errore in sede di dottrina e le sue incalcolabili e tuttora perduranti disastrose conseguenze.

Un accordo che fu un vero e proprio atto di espropriazione del potere di acquisto di tutti i possessori di lire, cioè del 99% dell'intera popolazione, come spiegato nella pagina a ciò dedicata del presente blog.

Nessuno di loro ha risposto, anche in occasione di pubblici confronti e, in varie date, con post qui compulsabili: Pier Carlo Padoan, Massimo D'Alema, Romano Prodi, Mario Draghi, ...

Certo, è possibile la sussistenza dell'errore da parte di chi (noi, nella fattispecie) contesta, ma questo è parte inevitabile di ogni proposito di carattere critico e comunque, a parte i nomi menzionati (cui è normale riconoscere abbondanti porzioni di disattenzione), finora riconosciuti esperti in materia non hanno ritenuto di contro argomentare alcunché. 

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