giovedì 10 marzo 2016

Daesh: fonte di terrore o pretesto di cupidigie secolari ?

Il vero obiettivo dei preliminari di guerra in territorio libico sta diventando un dilemma.

Si tratta di una risposta preventiva alla minaccia dell'Isis, o Daesh che dir si voglia, in procinto di consolidare la sua presenza in Libia, a poche centinaia di Km dalle coste italiane ?

Oppure, la strategia militare in corso di elaborazione (artefice, una quadruplice alleanza: Usa, Gran Bretagna, Francia ed Italia) è dovuta all'attrazione fatale di enormi risorse già accertate di prodotti del sottosuolo libico, ed all'irresistibile tentazione di metterci sopra le mani ?

Attingiamo, con ampio interesse e netta gratitudine, la risposta in un articolo de "Il Sole 24 Ore"del 6 marzo scorso, a firma Alberto Negri, su analisi di Vittorio Emanuele Parsi.

Apprendiamo quindi dell'esistenza di smisurate riserve di minerali, a basso costo di estrazione e valutabile attualmente nella misura di circa 130 miliardi di dollari, ma secondo sondaggi tecnicamente accettabili, con riserve ulteriori presunte di oltre tre volte tanto.

Un tesoro quindi di circa 500 miliardi di dollari, di cui era importante, ma non solitario, esploratore, l'italiano ENI, poi radicalmente ridimensionato dall'iniziativa innescata dal Presidente francese Sarkozy nel 2011, ed alla conseguente caduta del regime di Gheddafi ed alla cessazione dell'integrità territoriale libica.

Ora invece è quel tesoro sotterraneo, è sfruttato principalmente da due distinti canali di esportazione, controllati rispettivamente dai governi di Tobruk (Cirenaica) e di Tripoli  (Tripolitania).

Dalla dovizia di dati dell'articolo di "24 Ore", finora (stranamente) privo di reazioni apparenti, siamo resi ulteriormente edotti circa illuminanti motivazione alla radice dell'iniziativa francese del 2011.

Essa nacque dalla (sembra) comprovata azione di Gheddafi in procinto di sostituire il franco francese, in corso legale in 14 ex colonie francesi, con una nuova moneta panafricana.

La conseguenza sarebbe dovuta essere l'indipendenza africana da Parigi, dove sono depositate, per il 65%, le riserve patrimoniali delle ex Colonie: da qui le vere motivazioni dell'intervento francese.

Se le cose si sono svolte effettivamente così, è inevitabile desumere che, ormai nel terzo millennio dell'era cristiana, il mondo occidentale non esita a retrocedere platealmente a comportamenti forse peggiori dell'epoca delle Crociate.

Ma, in un siffatto panorama, come può il nostro Governo illudersi (o illudere) di poter convincere unitariamente Tobruk e Tripoli ad avanzare una richiesta di intervento militare (di cui avrebbe responsabilità di comando) e quindi rinunciare ad un commercio così lucroso?

E' forse infondata l'ipotesi di una tragica trappola ?                

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