venerdì 20 maggio 2016

Nkosazama, 67enne esponente politica sudafricana, spiega all'Europa l'economia e la politica

Insieme ai profughi, 360 tonnellate di fiori decollano ogni giorno dall'aeroporto di Nairobi (Kenia) diretti in Europa, Asia e medio Oriente.

In Africa è' in corso una "rivoluzione verde" ("Economist") che è tuttavia solo agli inizi: anche se la metà dei lavoratori della popolazione africana (1,2 miliardi) risulta impiegata in agricoltura, i 54 Paesi africani non riescono a raggiungere i livelli produttivi, in agricoltura, dell'asiatica Thailandia ("Corsera").

Pur nel riscontro di arretratezza tecnica deducibile da queste statistiche, il quadro emergente dalla Conferenza ministeriale Italia -Africa (Roma, 19 maggio) deve essere tuttavia analizzato con una duplice lettura : quella di un Continente che (nei secoli trascorsi) ha dato molto all'Europa (ed agli Usa) ma pochissimo ha ricevuto.

Un continente tuttavia che ora tenta di acquisire una consapevolezza politica (col necessario superamento delle tragiche e sanguinose guerre nazionali ed intestine) ed economica (concentrandosi sulle sue enormi potenzialità territoriali ed umane).

Risorse che stanno sul suolo (agricoltura e uomini) e nel sottosuolo (ricchezze minerarie) e di cui Nkosazana Diamini Zuma, presidente dell'Unione Africana, interlocutrice principale della Conferenza, in una concisa intervista a "Corsera" (a cura di Marco Galluzzo), ci offre una chiave interpretativa che rovescia la secolare strategia di sfruttamento perseguita dall'Europa.

La donna politica africana, premettendo ogni contrarietà ad ogni diagnosi avulsa da concretezza di propositi, non ha remora alcuna nell'indicare comparativamente l'esempio della politica di penetrazione cinese, ispirata a criteri di maggiore legalità, rispetto per l'ambiente e foriera di accrescimento occupazionale dei lavoratori indigeni.

In una visione molto simile alla migliore eredità della scuola keynesiana, Nkosazana non arretra nel denunciare i ritardi europei (ed italiani) nell'intraprendere iniziative di investimento nelle terre africane, privilegiandone quelle a prevalente carattere agricolo, infrastrutturale ed energetico.

Quindi (aggiungiamo noi) a redditività molto lenta ma di sicura progressività, in evidente armonia con gli assilli dichiarati del presidente Sergio Mattarella sui vantaggi di auspicate prospettive sociali per una popolazione, altrimenti costretta, per sopravvivenza, alle drammatiche ed obbligate scelte dell'emigrazione.

Ma anche, in controcanto, con le spicce e lusinghiere prospettive di Matteo Renzi, tutto teso, dell'Africa, a tessere le prospettive di grande ed immediata opportunità.

Che, purtroppo, il premier italiano, accompagna con la consueta enfasi lessicale di chi è avvezzo a parlare con retorica pubblicitaria e senza apparente consapevolezza dei limiti delle risorse economiche e finanziarie del Paese che rappresenta.

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