venerdì 27 marzo 2015

Jean Claude Trichet: "Per l'Italia?... Ancora molte cose da fare"

Succede talvolta, comunque non di rado, che uomini di elevato livello politico o amministrativo rivelino lo stato dell'arte delle cose più da quello che tacciono che da quello che dicono.

E' il caso dell'intervista (Corsera, 26 marzo, Fabrizio Goria intervistatore) all'economista francese e soprattutto ex governatore della Banca di Francia (decennio 1993 – 2003) poi presidente della Bce fino alla successione (2011) di Mario Draghi.

Alla prima domanda sull'ipotesi che la Bce possa essere usata più per stampare carta moneta invece che adottare le riforme risponde genericamente con una chiamata di correo che coinvolge tutte le Banche centrali europee. Aggiunge poi (implicando di fatto un poco anche se stesso): "Le banche centrali hanno adottato misure impensabili prima della crisi di cui [...] pagheremo le conseguenze nella prossima crisi. Specie nell'eurozona."

Domanda successiva: "I contribuenti europei devono temere più il "Quantitative easing" o la deflazione?"

Risposta: "[...] I contribuenti dovrebbero preoccuparsi delle scelte sbagliate di governi e parlamenti"

Altra significativa domanda: "Com'è cambiata l'Italia rispetto all'agosto 2011?"

Risposta: "Ci sono state diverse decisioni cruciali da parte di Monti, Letta e Renzi. Certo molte cose rimangono da fare. E le riforme strutturali restano importantissime per il Paese"

Chi vuole contesti la nostra interpretazione delle parole di Trichet che, astenendosi da ogni ottimismo, dice: "La Bce ha fatto e fa quello che può. Ma l'efficacia della sua azione dipende principalmente dai singoli paesi dell'eurozona."

Quali motivi di speranza siano deducibili dalla filigrana delle parole di Trichet, per il futuro dell'eurozona, non riusciamo proprio ad individuare.

Quell'eurozona che invece appare a noi fin dall'inizio (1998) succube passiva dei deliberati di Bruxelles e di Francoforte.

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