Del tutto casualmente, Eugenio Scalfari ha echeggiato il nostro ultimo intervento (sul protagonismo riconosciuto di Mario Draghi in materia economica) col suo consueto editoriale domenicale su “la Repubblica” del 1 marzo.
Ne è testimonianza inequivocabile il titolo scelto dal quotidiano che infatti, a caratteri cubitali recita: “Perché è Draghi il motore della crescita italiana e europea”.
Draghi -scrive Scalfari nel corso dell'editoriale – “è il tipico esempio di chi mette gli strumenti dell'economia che la Bce possiede, al servizio della politica e usa il mercato non solo come stimolo alla crescita ma come sviluppo delle istituzioni europee verso l'obiettivo d'uno Stato federale”.
Per Il fondatore di Repubblica e prima dell'Espresso, unitamente alla sua precedente esperienza ne “Il Mondo” di Pannunzio e poi alla sua breve ma incisiva esperienza parlamentare nel gruppo socialista, siamo in molti ad avere motivi di gratitudine per la capacità dimostrata di analisi economica mai conformista e di scelte politiche talvolta trasgressive, ma generalmente coerenti.
L‘occasione scelta nel suo intervento del 1 marzo, incentrata fondamentalmente sul “Quantitative easing” (di cui precisa peraltro le opportune condizioni applicative) ci porta pertanto, data l'analogia tematica con le riflessioni del nostro blog del giorno prima, a rivolgere anche a Scalfari la stessa domanda (solo idealmente, al momento) proposta a Mario Draghi.
Domanda che riformuliamo così: “premesso che il ricorso al “quantitative easing”, possa segnare un giro di boa per superare la crisi economica europea, non crede Scalfari che, almeno per il nostro paese, esso risulterà comunque irrimediabilmente compromesso dal peccato originale di un meccanismo di conversione della lira con l'euro che - come questo blog denuncia quale sua primaria motivazione - fu un vero e proprio atto di espropriazione oggettiva del potere d'acquisto della nostra moneta ed i cui effetti, di incalcolabile ammontare, continuano tuttora?“
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