lunedì 23 marzo 2015

Sulle orme della “svalutazione competitiva”

Dal secondo semestre 2014, la moneta unica europea ha perso il 23% sul dollaro (da 1 euro contro 1,36 all'attuale 1,08) ed il 20% sulla media del valore delle dieci principali valute mondiali.

Le previsioni correnti valutano un prossimo raggiungimento alla pari di euro con il dollaro ma, nel contempo, il proseguimento della discesa del prezzo mondiale delle materie prime indispensabili alla produzione di energia.

Il prezzo calante di tali materie prime è fenomeno dovuto essenzialmente al crescente ricorso delle tecniche di compressione delle rocce scistose (ampiamente applicate dagli Usa) ed al parallelo tentativo di scoraggiare il ricorso alle energie alternative con la diminuzione costante del prezzo del petrolio e del gas metano.

Con quali conseguenze nell'ecologia mondiale lasciamo ad altri la competenza di dissertare.

Il rapporto monetario fra euro ed altre monete è invece riconducibile all'esigenza europea di una riedizione delle politiche monetarie di “svalutazione competitiva” in cui soprattutto l'Italia si cimentò ampiamente prima della fondazione dell'euro.

Nel quadro attuale tuttavia è facile intuire che, per il nostro paese, la convenienza di tale politica (di cui il provvedimento di “Quantitative easing” è manovra essenziale) risulta pressoché inesistente.

Parallelamente la nostra capacità concorrenziale, comparativamente con gli altri paesi dell'eurozona ed in termini esclusivamente monetari, appare ormai ridotta a zero.

La crescita incessante del debito pubblico, in una con le pratiche del “fiscal compact”, restringe fatalmente il perimetro di intervento del welfare pubblico ed aggiunge povertà sociali nuove a restrizioni private antiche.

Il percorso dell'unità monetaria europea, iniziato nel 1998, segna il suo compimento: l'arbitrio applicato (da noi passivamente subito) nel valore di cambio della nostra lira e la rinuncia definitiva alla sovranità monetaria obbligano l'apparato produttivo nazionale, per sopravvivere, a praticare una compressione costante delle politiche salariali con la conseguente riduzione del potere d'acquisto complessivo.

Eppure continua a mancare una scelta di coraggio politico che, con la denuncia di un cambio della moneta di marca leonina, punti ad aprire un contenzioso che coinvolga l'Ue nella sua interezza.

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