mercoledì 9 settembre 2015

La discriminante siriana

Con uno stato d'animo più incline all'ottimismo della ragione, registriamo compiaciuti il giro di boa compiuto dalla duplice spinta del popolo tedesco (austriaco incluso) e della signora Angela Merkel, che ha sorpreso tutti per l'immediatezza con cui ne ha saputo interpretare lo spirito prevalente.

Non è importante distinguere e sceverare da quale radice, solidarietà umana o valutazione politica, siano scaturite le scelte della leader tedesca, ormai irresistibilmente proiettata in una prestigiosa cornice di riconosciuta leader europea.

Merita invece il soffermarci sul ben noto distinguo con cui Angela Merkel ha sottolineato, come quasi connaturale alla sua scelta politica, la ragione dell'accoglienza dei profughi: non un limite quantitativo ma una delimitazione della loro provenienza.

Ne ha identificato, appunto, la motivazione negli esuli dalla terra siriana, per la loro scontata superiorità del loro livello intellettuale, formazione educativa e maturità civile.

Da quelle dichiarazioni della premier tedesca, che nella circostanza ha voluto sottolineare la forza del suo paese, vecchi e nuovi convertiti alla causa dell'accoglienza dei profughi sono impegnati a dissertare sui variegati vantaggi di tale scelta politica.

Si dimostra da più parti che il crescente calo demografico del vecchio continente (Germania ed Italia in specie) determina la necessità di innesto di energie nuove, chiamate a ruoli non sempre particolarmente attraenti alle nuove autoctone generazioni e nel contempo a costituire fonte aggiuntiva di tassazione utile ad alleggerire il debito pubblico dei rispettivi paesi ospitanti.

Ma un'altra lettura, seppur arbitraria, è tuttavia legittima: quella che procede dalla constatazione che il fabbisogno di manodopera per i lavori più usuranti e ripetitivi, è destinato a decrescere, alla luce degli straordinari vantaggi resi disponibili dall'automazione e dall'elettronica.

La crescente obsolescenza delle celeberrime catene di montaggio rende sempre infatti meno acuto il connesso fabbisogno di manodopera (sottopagata) nel mondo occidentale.

La menzionata superiorità dei siriani è invece fruibile, a buon mercato, per i lavori che, pur subalterni, presuppongono inventività per reggere alla crisi inevitabile dei livelli occupazionali, sia degli impiegati della burocrazia come degli operai delle grandi ma ormai desuete catene produttive.

Una sorta di fotocopia di ciò che è avvenuto, almeno in Italia, nel mondo dell'assistenza agli anziani, con l'efficace ed abbondante innesto di personale femminile rumeno e filippino.

E' la tessera ulteriore di un mosaico razionale che induce a pensare che "Il secolo breve" di Eric Hobsbawm, (delimitato dal settantacinquennio di due guerre e dell'egemonia socialdemocratica europea), dal punto di vista tedesco, ha ancora una conclusione da scrivere.

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