lunedì 12 ottobre 2015

Dal meeting FMi e Bmi di Lima, i moniti (sterili) ai paesi ad alto grado di debito.

In particolare disarmonia con la quotidiana insistenza, da parte governativa, sul sicuro e progressivo consolidarsi della ripresa economica italiana, sono giunte da Lima, in occasione di un meeting di lavoro per rappresentanti del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale degli investimenti, esortazioni a guardare in modo più guardingo e realistico al quadro economico complessivo.

     
E' stato proprio Mario Draghi, presidente della Bce, ad ammonire i paesi gravati da elevato indebitamento, a non illudersi sul permanere del vigente equilibrio,assai favorevole, dei tassi di interesse bancari e di usare la dovuta prudenza alla tentazione di attenuare i livelli di fiscalità rispettivi.

Sentendosi punto sul vivo, il nostro ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha immediatamente reagito sottolineando l'efficace gestione del debito pubblico italiano, come riconoscono le stesse agenzie di rating internazionali, assicurando inoltre che nel 2016 il debito comincerà a decrescere.

Alle ribadite conferme di Draghi sul buon esito della strategia del Quantitative easing, Padoan, quasi intessendo un dibattito sull'economia italiana, un poco fuori luogo in una ribalta internazionale, si sofferma sulle sorprendenti previsioni del Pil italiano e sui sicuri effetti positivi che deriveranno dall'attuazione della Bad Bank (certamente una grandiosa prospettiva !!).

Allo scambio di dichiarazioni non si è sottratto il nostro Ignazio Visco, governatore della Banca d'Italia che, attenuando un poco l'ottimismo nello sviluppo globale, si esprime positivamente nei confronti dell'Europa, i cui rischi di deflazione sembrano, a suo parere, meno preoccupanti di qualche tempo fa.

A noi sembra, complessivamente, che i signori della finanza internazionale, a parte la comprensibile ma un po' provinciale difesa dei rispettivi ruoli, guardino all'economia globale con occhi piuttosto miopi.

Per lo meno con una visione delle cose che si identificano nelle premesse e nelle implicazioni, con gli istituti che rappresentano, con una sensibilità minima della sorte dei popoli di cui segnano i destini.

I punti di vista delle loro analisi sono sempre incardinati sui loro canoni: inflazione e deflazione (incrocio incredibile di ipotesi auspicate e respinte, a loro piacimento), elasticità dei tassi di interesse, espansione e contrazione del credito.

Cioè tutto il mondo che transita sotto le loro competenze, compreso, in un sistema finanziario globale, il potere preponderante delle monete fiduciarie, il cui mestolo è saldamente nelle loro mani.

Se gli sviluppi non sono soddisfacenti, specie per loro (comunque sempre coperti nei loro destini personali), le responsabilità sono sempre imputabili ad altri, giudicati incapaci di capire e di conformarsi ai nitidi teoremi della finanza internazionale: vuoi per la riluttanza dei consumatori a spendere il denaro che (non) hanno, o per gli eccessi delle rivendicazioni sindacali o per l'insufficienza di iniziativa delle imprese produttive.

Ma sulle vicende determinate per loro responsabilità, dirette o indirette, non depongono mai, anche per la debolezza dei poteri politici che ne sono talvolta addirittura succubi.

Dov'erano ad esempio i tre nostri rappresentanti succitati al momento della creazione della moneta unica europea, di cui pure portarono non lievi responsabilità ?

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