sabato 3 ottobre 2015

Scandalo Volkswagen e meditazioni connesse

Lo scandalo Volkswagen ha ormai raggiunto dimensioni mondiali, ma le sue conseguenze non si limitano alla quantificazione, peraltro complicatissima, dei danni procurati sul duplice piano ecologico ed economico.

L'indifferenza cinica ostentata dagli stessi protagonisti (i dirigenti della casa automobilistica tedesca) autori del meccanismo truffaldino, oltre a ledere negativamente il prestigio internazionale di un potente organismo imprenditoriale (a capitale misto, pubblico e privato), pone fatalmente non pochi interrogativi sulla credibilità stessa della sua nazione di appartenenza, la Germania appunto.

E' ingiusto che questo accada, perché l'errore di identificare comportamenti non esemplari che, da molti o da pochi praticati, possono apparire connaturali alla nazione o alla razza di chi li commette, è certamente infondato, come è ben noto a noi italiani che sappiamo bene a quali ingiuste e discriminatorie valutazioni, tale errore possa portare.

Non dobbiamo tuttavia derivare l'errore opposto, quello del possibile agire truffaldino da parte di persone o di organizzazioni, non sempre giustamente ritenute a priori insospettabili, quando si trovano a disporre di mezzi e di occasioni propizie per l'aumento del proprio potere e della propria ricchezza.

La caratteristica nazionale o razziale, non determina infatti le azioni dei potenti, quale che sia la loro benefica o malefica natura, ma di frequente, a scelte anche criminose, provvede un'altra ed universale tentazione.

Quell'impasto cioè di desiderio di potere, di egemonia e di presunta superiorità, che storicamente ha contagiato, contagia e contagerà personaggi potenti e ricche oligarchie di ogni razza, nazione, credo politico e confessione religiosa.

Il punto critico di questa vocazione, a livello individuale o collettivo, sta specularmente nel grado di credulità, remissività o di incompetenza, della o delle vittime che, per la loro stessa incapacità di difesa, possono addirittura trasmettere una fondata e convincente giustificazione al sopraffattore.    

E' esattamente il risultato (o l'ipotesi interpretativa) della ricognizione di questo blog nel ripercorrere l'incredibile processo decisionale o meglio il miscuglio sconosciuto di un approccio inspiegabile del Governo italiano (presidenti Romano Prodi e in successione, Massimo D'Alema) che, almeno nella nutrita sequenza bibliografica (riportata nella finestra "Documenti" del presente blog), non è stato ritenuto meritevole di memoria alcuna.

La gravità del carattere leonino della conversione della lira non risiedette soltanto nel sopruso subito dal nostro paese, pur nell'incalcolabile danno al nostro potere d'acquisto degli italiani, ma nel fatto che esso, compiuto nell'operazione più significativa del processo unitario europeo, ne ha compromesso radicalmente la riuscita.

Agli ideali di Ventotene si è sostituito un atto di colonialismo monetario che ha soppiantato ogni presupposto federalista, ben esplicito nel diffuso e memorabile richiamo originale degli Stati Uniti d'Europa.

Se legittimamente ora si parla di class action, a livello mondiale, contro il gruppo Volkswagen, non appare servile il continuare a tacere sull'iniquità della conversione della lira, da parte di coloro che, nel nostro paese, hanno un minimo di eco mediatica ?

Post Scriptum - Per una informazione più specifica, vedere i post :

4 settembre: Lettera aperta a Massimo D'Alema
22 giugno:   E (da Prodi) un altro raggio di luce fu...
20 aprile:     Lettera aperta a Pier Carlo Padoan
8 febbraio :  A.D. Chi ratificò formalmente la conversione della lira ?

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