sabato 10 ottobre 2015

La Deutsche Bank, come spunto occasionale di doverosi ripensamenti

Apprendiamo, dal quotidiano economico "Il Sole 24 0re" (9 ottobre u.s.), che la Deutsche Bank chiude il secondo trimestre, dell'anno in corso, con una perdita registrata di 6,2 miliardi di euro.

Si può reagire alla inconsueta notizia relativa alla Banca tedesca, in modo vagamente consolatorio, cioè con il retro pensiero auto giustificativo di quanti affrontano, anche frequentemente, periodi di vacche magre, banche italiane comprese.

Solo psicologicamente, tuttavia, perché l'analisi delle principali voci di bilancio di una delle più importanti banche del mondo, pone invece quesiti sui giusti e sani criteri ispiratori della sua conduzione.

Non è superfluo infatti, nella circostanza, precisare che, almeno parzialmente, alla determinazione della perdita evidenziata, ha contribuito il ricalcolo della valutazione di alcune fondamentali voci patrimoniali della Deutsche Bank.

E' accaduto infatti, che John Cyran, appena insediato, dalla banca tedesca, nuovo Ceo ("consigliere economico operativo" n.d.r.), ha fondatamente ritenuto di svalutare, in misura molto consistente, tre importanti voci di bilancio.

Precisamente: 2,3 miliardi di valore di una serie di investimenti; 3,5 miliardi di valori di avviamento connessi alla propria partecipata Post Bank; infine un abbattimento di 600 milioni del valore della quota detenuta nella conglomerata cinese Hua Xia Bank.

Senza alcuna riserva sulla congruità delle svalutazioni effettuate, peraltro impossibile, stante l'incompletezza quasi assoluta dei dati disponibili, è comunque probabile che John Cyran, neo incaricato, abbia esercitato il massimo di discrezionalità di cui dispone ogni amministratore delegato.

E' assolutamente normale che ciò sia accaduto, sia per legittimo interesse personale (con attribuzione a responsabilità altrui di precedenti sopravvalutazioni) sia per misure prudenziali sempre opportune, data la tipicità delle voci ritoccate.

La somma delle svalutazioni, corrispondente alla cifra complessiva di 6,4 miliardi già eccede da sola l'ammontare della perdita sopra menzionata: il che porta ad un risultato attivo di gestione corrente, per un ammontare di almeno 200 milioni.

Ma, per il ruolo esercitato dalla Deutsche Bank, nel processo complessivo di realizzazione della moneta unica, è legittimo porsi un quesito che affonda nel complessivo percorso del processo di unificazione monetaria di cui la banca tedesca è stata e certamente continua ad essere "magna pars", coinvolgendo quindi anche il nostro paese, in quanto aderente alla moneta unica.  .

Ci dobbiamo infatti chiedere se l'applicazione di regole prudenziali analoghe a quelle adottate nel caso appena descritto, il percorso di formazione della moneta unica sarebbe potuto essere diverso e soprattutto più confacente al comune interesse dei paesi membri della zona euro.

Ci riferiamo, infatti, significativamente, al punto rivelato da Romano Prodi ("Missione Incompiuta" intervista a Romano Prodi, a cura di Marco Da Milano) relativo alla conferma dell'incredibile modalità applicata nella conversione della lira, con danno incalcolabile (e oggettivamente leonino) subito dalla nostra moneta.

Un danno, come sosteniamo nella nostra finestra "Perchè questo blog", con effetti tuttora persistenti per il mercato italiano, e speculare vantaggio del marco tedesco, consumato in colpevole e generale disattenzione italiana e, almeno apparentemente, tedesca.

Le ingenue e non meditate confidenze di R.Prodi, nel menzionato recentissimo libro, nel rappresentare un affabile (ma, noi aggiungiamo, dissimulato) comportamento di Helmut Kohl, all'epoca capo del Governo tedesco, dipingono inconsapevolmente un episodio politicamente incomprensibile.

Si trattò infatti, nel silenzio dell'opinione pubblica rispettiva, di un iniquo accordo internazionale (tra Italia e Germania) propedeutico alla nascita di una moneta nuova che, per un auspicato lungo periodo di tempo, era destinata ad inserirsi, con la maggior robustezza possibile e come protagonista alla pari, nel sistema monetario mondiale.

Come è possibile misconoscere che, fra due o più contraenti impegnati a realizzare un siffatto ambizioso e duraturo progetto, l'ipotesi stessa di comportamenti furbi e sopraffattori, reciproci o unilaterali, è fonte sicura di fallimento del progetto medesimo ?

Ciò che è appunto avvenuto, con la conseguente sequenza di incomprensioni e delusioni (in ambito italiano) che hanno costellato e costellano finora il cammino della moneta unica.

La cui verità  non può essere ulteriormente dignitosamente sottaciuta, proprio per evitare la deflagrazione di un validissimo progetto, l'euro, che può invece fallire per l'iniquità della sua applicazione.

Ne conviene una banca di dimensioni mondiali come la Deutsche Bank ?

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